Bruce Lee, la pietra angolare

Bruce Lee, la pietra angolare

Di Gabriele Niola


Sulla figura di Bruce Lee, sulla sua storia e sulla sua importanza cinematografica sono stati scritte innumerevoli pagine e girati diversi film. E’ senza dubbio l’artista marziale più importante nella storia del cinema mondiale ma anche uno degli uomini più importanti nello sviluppo della settima arte in assoluto.

Pur non essendo un autore, pur non ideando e non girando i film in cui prendeva parte Bruce Lee è comunque un rivoluzionario del cinema. Un rivoluzionario forse inconsapevole ma non per questo meno devastante.
Il kung fu era stato portato al cinema da molto prima di Bruce Lee, già si erano canonizzati molti generi e addirittura le arti marziali erano entrate già nella cultura più di massa, cosa dimostrata dai primi ruoli che gli furono affidati da comprimario. Com’è noto era Kato prima nella serie di Batman e poi in Green Lantern. Il kung fu era già parte dell’immaginario del cinema e Bruce Lee vi si incastrava (inizialmente) come uno fra tanti.

La diversità del “piccolo drago” infatti non risiede tanto nei suoi film (tutti per lo più trascurabili a livello cinematografico se si eccettua la sua presenza) e nemmeno nelle sue interpretazioni (non è mai stato un eccelso attore) quanto nella rivoluzione che è stato in grado di portare nel rapporto corpo/schermo.
Il vero cinema di arti marziali le rappresenta dal vero, senza controfigure e effetti speciali, rappresenta esseri umani in grado di fare ciò che fanno vedere e ciò che faceva Bruce Lee non era solo nuovo, bello e impressionante ma anche straordinariamente cinematografico.

In ogni scena di combattimento il piccolo drago mostra come un corpo possa fare la differenza, come l’armonia dei movimenti possa comunicare a livello estetico e immaginifico più di lunghi monologhi. Al pari di altri corpi incredibili del cinema come quelli (radicalmente diversi) di John Belushi o Charlie Chaplin anche quello di Bruce Lee aveva un’istintiva fisicità, una capacità di unire piacere della vista e spirito del proprio tempo.
Il cinema non è solo dialoghi e inquadrature ma anche (e molto) corpi che si muovono sullo schermo. Proprio il cinema italiano ha insegnato che un corpo può fare la differenza con la sua sola presenza e che anche un attore professionista può sfigurare di fronte ad un pover’uomo della strada se il film necessita di nutrirsi di quelle facce povere ed emaciate e quei corpi smunti.

Non a caso lui e non altri sono tutt’ora simbolo pop di un modo di intendere il cinema e la vita. Ancora di più nonostante Bruce Lee abbia fatto solo film strettamente di kung fu senza contaminarli mai con nulla, è stato proprio lui a liberare il genere e permettere le future contaminazioni perchè ha dimostrato più di chiunque altro come sia il corpo con i suoi movimenti, i suoi eccessi e la sua capacità di parlare da solo il vero cuore del cinema d’arti marziali e non le trame posticce o i personaggi ridicoli messi in scena solitamente.

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