Pixels, la recensione del film di Chris Columbus

Pixels, la recensione del film di Chris Columbus

Di Lorenzo Pedrazzi

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Una nostalgica lettera d’amore per gli anni Ottanta, vergata da chi li ha vissuti nel modo migliore: Hollywood stava sfornando i più grandi cult del cinema per ragazzi, gli arcade affollavano le sale giochi con titoli leggendari, e Chris Columbus era lì, a scrivere “robetta” come I Goonies e Gremlins, insieme ad alcuni fra i più grandi intrattenitori degli ultimi decenni (Spielberg, Dante, Donner…). Il prologo di Pixels, ambientato nel 1982, celebra la “sala giochi” come luogo fisico di incontro e socializzazione, rifugio per nerd e piccoli talenti matematici, abili a cogliere schemi predefiniti laddove gli altri vedono soltanto rozze astronavi che scendono dal cielo. È il caso di Brenner, intepretato da Adam Sandler nella sua versione adulta: Brenner è un campione dei giochi elettronici che vede sfumare i suoi sogni di gloria davanti alle incombenze della crescita, ma scopre di poter sfruttare il suo talento quando una civiltà aliena, fraintendendo i vecchi arcade per una dichiarazione di guerra, invia sulla Terra le copie dei personaggi videoludici, ansiosi di trasformare in pixel tutto ciò che incontrano. Cooper (Kevin James), il suo migliore amico d’infanzia, ora è il Presidente, e si rivolge a lui per salvare il mondo. Con loro ci sono anche Ludlow (Josh Gad), maniaco delle cospirazioni che ama disperatamente la protagonista di Dojo Quest; Eddie alias Fireblaster (Peter Dinklage), borioso campione mondiale di Pac-Man; e Violet (Michelle Monaghan), ufficiale dell’esercito con figlioletto e divorzio al seguito. Game on.

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Trarre una storia di senso compiuto dall’omonimo cortometraggio di Patrick Jean non era semplice, e infatti la sceneggiatura di Tim Herlihy e Timothy Dowling si affida a un intreccio semplicistico, senza preoccuparsi troppo di illuminare i coni d’ombra della trama (alcuni passaggi narrativi sfidano la logica più elementare), ma concentrandosi su gag e battute tipiche delle commedie Happy Madison, la casa di produzione di Sandler. I dialoghi sono claudicanti e non sempre ottengono l’effetto sperato, ma Pixels si fa perdonare non appena si apre allo spettacolo puro, gestito da Columbus con il consueto mestiere. Le scene d’azione sono alquanto spettacolari, soprattutto quando i personaggi degli arcade invadono lo schermo con i loro pixel luminescenti, così vicini – nonostante l’impiego della CGI – alle deliziose immagini di “grana grossa” che componevano i vecchi videogiochi nell’era dei VHS e della bassa definizione.

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Ciò che ne scaturisce è un’affettuosa rielaborazione (forse un po’ tardiva ma divertente) dell’immaginario degli anni Ottanta, dove le icone di quel decennio vengono manipolate dagli alieni per inviare folli messaggi di guerra: gli invasori ci conoscono solo attraverso la nostra rappresentazione mediatica, e di conseguenza ne sfruttano le celebrità (come Madonna e Ronald Reagan) per comunicare con noi, suscitando un effetto ironico e straniante. Ma Columbus celebra soprattutto gli anni Ottanta della cultura pop e dei primi nerd computerizzati, della fantasia liberatoria e dei ragazzini emarginati, gli stessi a cui si rivolgeva nei suoi primi film da sceneggiatore. Lo scontro generazionale con i bambini di oggi è solo accennato, ma la soluzione punta al compromesso tra il ragionamento matematico (osservare l’azione, dedurre gli schemi e imparare ad anticiparli) e l’immedesimazione totale (caratteristica di molti videogiochi odierni, che simulano la realtà nascondendo gli schemi dietro una casualità apparente). In questo contesto si fanno notare alcune scelte musicali molto ispirate, soprattutto nel finale, quando le immagini e il sonoro “dialogano” in modo esaltante: dai Queen ai Tears For Fears, i classici non mancano.

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Seppur privo di una comicità memorabile, Pixels ha il merito di parodiare i cliché dei kolossal catastrofici, mettendoli in ridicolo o rileggendoli in chiave demenziale. Non è abbastanza creativo e folgorante per diventare il “Ghostbusters con i videogiochi” (come alcuni speravano), ma di certo si inserisce in quel percorso di rimediazione che è stato inaugurato dallo splendido Scott Pilgrim vs the World, ed è poi proseguito con Ralph Spaccatutto. Si tratta, in sostanza, di riconoscere l’influenza dell’immaginario videoludico sulla memoria collettiva, e di omaggiarlo attraverso i suoi topoi principali: in attesa di vedere cosa combinerà Spielberg con l’attesissimo Ready Player One, Pixels fa il suo dovere, e accumula un punteggio più che dignitoso.

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Pixels uscirà nei cinema italiani il 29 luglio 2015. Sul sito della Warner Bros. troverete la scheda dal film.

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