Scream, la recensione del primo episodio: Red Roses

Scream, la recensione del primo episodio: Red Roses

Di Lorenzo Pedrazzi

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Su MTV ha debuttato Scream, la serie tv ispirata all’omonimo film diretto da Wes Craven e scritto da Kevin Williamson. Il primo episodio, Red Roses, mette in scena le premesse per un nuovo horror citazionista, ma in versione seriale…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Nina è una studentessa del liceo di Lakewood, e ha appena giocato un brutto tiro a una sua compagna, Audrey, aspirante cineasta: l’ha ripresa mentre si baciava con un’altra ragazza nell’abitacolo di un’auto, e poi ha caricato il video on-line per sottoporlo al pubblico ludibrio. Accompagnata a casa dal suo complice, Tyler, Nina si prepara un bagno nella vasca idromassaggio, ma comincia a ricevere alcuni strani messaggi dal numero di Tyler: qualcuno la sta osservando, ed è dentro casa. Nina trova la testa mozzata del ragazzo dentro la vasca, e poi viene uccisa a sua volta da un individuo che indossa una maschera bianca e una cappa nera.
Il giorno dopo, Audrey viene derisa da tutta la scuola, ma trova conforto nel suo migliore amico, Noah, appassionato di cinema e serial killer. Il suo “mito” è Brandon Jackson, un ragazzo con la sindrome di Proteo (la stessa di Elephant Man) che, alcuni anni prima, s’innamorò di una coetanea, Daisy ma fu pestato selvaggiamente per aver cercato di parlarle. Sconvolto, uccise alcuni ragazzi prima di essere abbattuto dalla polizia nel laghetto della città… ma fu davvero lui l’autore degli omicidi? Comunque, la figlia di Daisy, Emma, era un’amica di Audrey, ma ora frequenta il giro dei ragazzi più “fighi”: tra cui Nina, che l’ha coinvolta nel brutto scherzo del video.
Quando la notizia della morte di Nina viene resa pubblica, l’infida Brooke (che ha una relazione con il professore di letteratura) decide di organizzare una festa commemorativa, ed Emma invita Audrey. Noah comincia a fraternizzare con Riley, ma due bulli lo lasciano mezzo nudo al centro del laghetto, e lui è costretto a tornare sulla sponda a nuoto… finché qualcosa non lo afferra e lo trascina giù. Noah riesce però a riemergere, e viene salvato da Kieran, l’affascinante ragazzo forestiero, figlio dello sceriffo. Audrey porta via Noah, poi Kieran riaccompagna a casa Emma: i due si sono baciati, poiché Emma ha scoperto che il suo ragazzo, Will, l’ha tradita con Nina. Intanto, sua madre ha ricevuto il cuore di un animale in un pacchetto, e teme che Brandon Jackson, o un suo emulo, voglia tormentare lei e sua figlia.
Alla fine, Emma riceve una strana telefonata da uno sconosciuto, che dice di voler “togliere la maschera”. Quali misteri si nascondono dietro alle apparenze di Lakewood?

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«You can’t do a slasher movie as a TV series»
Scream (il film) è uno di quei cult degli anni Novanta che i ventenni e i trentenni di oggi ricordano con grande affetto, e i suoi meriti sono indubbi: di fronte a un cinema horror che si macerava nella nostalgia per gli anni Ottanta (esclusi i casi eccezionali come John Carpenter), Wes Craven coltivò una rilettura post-moderna e metacinematografica del genere, portandola a ulteriore compimento – dopo i vagiti di The New Nightmare – grazie allo sceneggiatore Kevin Williamson. Il risultato non è una parodia, ma un film che gioca con i cliché del cinema slasher: ne mette a nudo le regole, le enuncia apertamente e, sotto alcuni aspetti, le sovverte, introducendo al contempo la maschera iconica e disturbante del killer Ghostface.

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Si tratta di un franchise che attira soprattutto il pubblico adolescente (come molti slasher), quindi non c’è da stupirsi che proprio MTV abbia voluto trarne una serie televisiva; il dubbio, se mai, riguarda l’effettiva applicabilità di questa formula alle esigenze della narrazione seriale. Lo dice anche Noah, il “teorico” dello show: lo slasher corre a ritmi serrati, la dilatazione temporale è circoscritta soltanto alle sequenze di tensione, e il racconto riprende a scalpitare subito dopo l’apparizione del mostro. Non è certo un caso se la maggior parte dei film horror hanno una durata piuttosto breve, in termini di minutaggio.

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Per quanto riguarda Scream (lo show) e Red Roses, i problemi però sono altri. Non c’è dubbio, infatti, che la squadra di sceneggiatori sia riuscita ad allestire le premesse per un mistero intrigante: gli indizi sono disseminati ovunque, gli spettri del passato infestano tutta Lakewood (tramite gli omicidi del misterioso Brandon James), e un cono d’ombra si proietta sui protagonisti, inducendo il pubblico a guardare ogni personaggio con sospetto. Peccato che la messa in scena di questi elementi sia davvero stucchevole, soprattutto nella scrittura dei dialoghi e nella caratterizzazione degli adolescenti, potenziali vittime o carnefici del futuro massacro. Scambi di battute pesantemente didascalici si susseguono senza posa, faticando moltissimo per introdurre i personaggi e “spiegare” il contesto della storia, mentre le pessime interpretazioni (macchiettistiche o monocordi, a seconda dei casi) non fanno altro che peggiorare il tutto. Il punto è che di questi personaggi non ci importa nulla, e il monologo finale di Noah si rivela un clamoroso autogol: «Fai il tifo per loro, ti ci affezioni… così, quando saranno uccisi brutalmente, farà male». Ecco, è altamente improbabile affezionarsi a un branco di liceali stereotipati che reagiscono alla tragedia in modo ridicolo (e poco credibile), mentre vivono conflitti partoriti dai soliti cliché. C’è la studentessa carina e intelligente, l’emarginata bisex che guarda il mondo attraverso la telecamera, il nerd appassionato di serial killer, il figo imperscrutabile che arriva da fuori, il giocatore di football stupido e superficiale, la stronzetta provocante che ha sedotto il professore… insomma, Scream non fa nulla per smentire i topoi dei prodotti adolescenziali, ma li riconferma senza nessuno sguardo critico.

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In effetti, nonostante le pretese metanarrative, questo primo episodio si limita a compiacersi della sua autoreferenzialità, citando gratuitamente altre serie tv (Hannibal, American Horror Story, Bates Motel, Friday Night Lights) senza riflettere sui caratteri specifici del mezzo televisivo. Laddove Williamson sapeva arricchire i dialoghi tra i personaggi con riferimenti mirati e organici, il terzetto composto da Jay Beattie, Dan Dworkin e Jill Blotevogel inserisce le citazioni in modo meccanico, forzato, cambiando bruscamente l’andamento di un discorso per trasformarlo in una declamazione metacinematografica. Ma non funzionano nemmeno i meccanismi più basilari del genere horror, quelli della suspense: se il prologo è disastroso (anche perché i cicalini di WhatsApp non reggono il confronto con il gelido squillo del telefono e con la voce ruvida di Ghostface), anche il resto dell’episodio è privo di tensione, e non suscita mai un brivido, né un minimo di inquietudine. Persino la nuova maschera, il cui aspetto è abbastanza disturbante, non viene mai valorizzata dalla regia di Jamie Travis, scolastica e sonnolenta. Il mestiere creativo di Wes Craven era ben altra cosa.

La citazione: «Non puoi fare un film slasher in forma di serie tv. I film slasher sono veloci e intensi. La TV deve allungare i tempi. Dal momento in cui viene ritrovato il primo cadavere, è solo questione di tempo prima che cominci il bagno di sangue.»

Ho apprezzato: la costruzione del mistero, che rende tutti dei potenziali colpevoli (ma anche potenziali vittime).

Non ho apprezzato: i dialoghi stucchevoli e didascalici; le interpretazioni dei protagonisti; le forzature nel discorso metanarrativo; l’assenza di tensione; il pessimo prologo.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Scream sul nostro Episode39 a questo LINK.

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