La parola sicario proviene dall’ebraico, ed in particolare a quel gruppo di zeloti che ricorrevano continuamente all’omicidio per perseverare i propri obiettivi politici.Il film si apre con questa spiegazione, ma a quale dei personaggi della vicenda che andremo a vedere si riferisce? Kate (Emily Blunt) è un’agente dell’FBI specializzata in sequestri che si ritrova a seguire una pista che tocca direttamente i cartelli della droga messicani. Viene così presa in prestito da una speciale unità della CIA che vorrebbe riuscire a catturare uno dei principali boss del narcotraffico. Peccato però che nè il suo superiore, Matt (Josh Brolin), né il suo misterioso partner, Alejandro (Benicio Del Toro), le spieghino esattamente le modalità con cui vogliono raggiungere l’obiettivo mettendola di fronte sempre e solo all’azione e mai nella pianificazione. Cosa nascondono?
Chiunque abbia seguito in questi anni la carriera di Denis Villeneuve, regista di La donna che canta (2010), Prisoners (2013) ed Enemy (2013) sa bene che si tratta di uno dei cineasti più interessanti del panorama americano (canadese per la precisione) contemporaneo, uno di quelli che anche con un budget sostanzioso e la necessità di fare prima di tutto “intrattenimento”, riesce a dare una propria impronta personale all’opera. Se a questa riflessione si unisce l’essere stato selezionato in concorso a Cannes 2015, si capisce quanto alta potesse essere l’aspettativa per Sicario. Il film, purtroppo, è riuscito solo a metà. Le interpretazioni sono buone, le scene d’azione (su tutte la sparatoria sul ponte e il blitz nel tunnel) tengono alta la suspense e le insistite inquadrature del confine riescono da sole a fare capire come la vastità di quei luoghi rendano quasi impossibile la vittoria contro l’immigrazione clandestina ed il narcotraffico.
Il problema principale di Sicario risiede nell’ambizione della sceneggiatura di dire qualcosa di più, di porre il dilemma morale della protagonista, le sue regole di protocollo contro il pragmatismo dei suoi colleghi. Chi vincerà? Paradossalmente funziona di più l’action che il thriller. L’espediente drammatico invece di dare spessore alla vicenda, ne diluisce l’intensità. Una scena però va ricordata per la sua originalità, ovvero quella che conclude l’irruzione nella villa del boss. Quegli spari – così inaspettati se si pensa ai destinatari (non riveliamo di più per non rovinarvi la sorpresa) – sembrano ricordarci che anche un film non perfetto di Villeneuve ha un qualcosa che ci accompagna anche fuori dalla sala. Speriamo che in futuro ci possa essere molto di più.