Cannes 2015, Il Racconto dei Racconti – La recensione del favoloso (letteralmente) film di Garrone

Cannes 2015, Il Racconto dei Racconti – La recensione del favoloso (letteralmente) film di Garrone

Di laura.c

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Qual è il compito delle favole? Rappresentare situazioni e pulsioni basilari dell’essere umano, utilizzando il fantastico per esasperare gli aspetti più spaventosi o avventurosi di esperienze in realtà molto comuni, in modo da imprimerle nella memoria ed elevarle a modello universale. Bene, se questo era l’obiettivo di Matteo Garrone quando si è avvicinato agli scritti della tradizione barocca di Giambattista Basile, si deve riconoscere al regista italiano di aver assolutamente colpito nel segno. Dopo aver fatto gridare alla rinascita del neo-neorealismo con Gomorra (valutazione dei critici su cui è lecito nutrire qualche dubbio), con Il Racconto dei Racconti l’autore dimostra al cinema italiano come non ci sia bisogno per forza di pedinare la realtà nei quartieri malfamati per parlare della nostra vita. Ricorda alla cinematografia delle “due camere e cucina” come l’umano sappia emergere perfettamente anche con inquadrature dalla composizione geometrica, tra le mura di un castello, i pizzi di un abito antico o le fauci di draghi, orchi e altre bestie immaginarie.

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Tre sono le storie del classico della letteratura italiana scelte per la messa in scena e liberamente rivisitate dalla sceneggiatura. La prima ha come protagonista una regina dallo sguardo sempre triste, pronta a sacrifici e gesti estremi pur di soddisfare il proprio desiderio di maternità. Poi c’è quella di un sovrano più interessato ad ammaestrare una pulce che al futuro della principessa sua figlia e infine quella di due vecchie sorelle popolane, attanagliate dal desiderio di giovinezza. In ognuna di esse l’elemento magico e fantastico si inserisce non tanto a “condire” l’azione, quanto a far scatenare il lato più oscuro e funesto delle passioni e delle aspirazioni di per sé molto normali che caratterizzano i protagonisti dei racconti. Personaggi che ricordano da vicino quelli già rappresentati dal regista in film dall’ambientazione molto più attuale e ordinaria, come L’imbalsamatore, Primo Amore o il suo ultimo Reality. Come ha dichiarato lo stesso Garrone, le sue opere precedenti avrebbero benissimo potuto far parte del Cunto de li Cunti di Basile, perché in esse il simbolismo e la narrazione corrispondo a quelli di una fiaba dalle tinte tenebrose, dove uomini e donne rimangono schiavi delle loro stesse passioni e imboccano un cammino egoistico, distruttivo, spesso funesto, nel tentativo di soddisfarle.

il-racconto-dei-racconti la pulce

Cosa aggiunge a tutto questo l’elemento fantastico, verrebbe da chiedersi? Semplicemente, la possibilità di incastonare questi meravigliosi tipi umani dentro un impianto visivo potenziato al massimo, con elementi simbolici e soluzioni di impatto inusuale. Molte purtroppo si intuiscono già dal trailer, come il truculento pasto della regina Salma Hayek, teste mozzate e inquietanti  fattucchieri. Ma ne Il Racconto dei Racconti ci sono anche altre immagini capaci di elevare una semplice posa a icona fuori dal tempo, complici le splendide interpretazioni di attori già di per sé molto bravi, ma evidentemente guidati da un Garrone forse mai così abile a esaltarne l’espressività. In una delle primissime sequenze, ad esempio, i giochi di corte e la ricca ambientazione sono quasi nulli rispetto allo sguardo sofferente della regina triste, in cui si annulla anche qualsiasi bisogno di voice over. Importante anche la possibilità, perfettamente sfruttata dal regista, di usare violenza e sangue in modo realistico ma insieme metaforico, con un gusto che ha più del dipinto che del pulp. I rimandi alle grandi opere d’arte si sprecano, infatti, in un’estetica guidata palesemente dal Garrone pittore ancor prima che regista, con echi di Mantegna, Giorgione, Caravaggio, preraffaelliti  e tanti altri.

il-racconto-dei-racconti le due vecchie

L’unica criticità dell’opera sono le aspettative create sul progetto.  Si è infatti parlato de Il Racconto dei Racconti soprattutto come esperimento di fantasy in salsa italiana e di sicuro, in senso letterale, l’elemento magico-fantastico risulta fondamentale nel film. Peccato che il regista abbia concesso poco e niente agli stilemi del genere come codificati dal cinema anglosassone e soprattutto americano. L’azione è non solo scarsa, ma svolta per lo più con modi di inquadrare e montare profondamente diversi da quelli che ci si aspetta in determinati contesti narrativi. A risentirne, specie in fase di avvio, è il ritmo della pellicola, che si percepisce un po’ stentato. Man mano che la macchina da presa si immerge nel dolore e nel percorso drammatico dei personaggi, tuttavia, ogni delusione viene sopraffatta non solo dalla ricchezza estetica ma anche da quella di patos e significato, che lascia un’impronta ben precisa nella mente.

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A chi non ha ancora  visto il film consigliamo perciò di approcciarvisi facendo piazza pulita delle aspettative di spettatore assuefatto ai botti e a i ritmi concitati dei blockbuster, anche d’autore. Chi l’ha già visto potrebbe invece godersi una seconda visione per cogliere meglio le sfumature di una messa in scena davvero spettacolare, nel migliore dei sensi possibile.

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Ricordiamo che ne Il Racconto dei Racconti è nelle sale dal 14 maggio e in concorso al 68° Festival di Cannes. Il ricchissimo cast comprende nomi quali Salma HayekVincent Cassel, il premio Oscar John C. Reilly e Toby Jones, nonché splendide scoperte come Bebe Cave.

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