Come è nata l’idea di Inside Out, il nuovo cartone animato della Pixar diretto da Pete Docter? Il regista spiega che mentre stava osservando i cambiamenti che stava attraversando la figlia Elie (ora sedicenne), una bambina estrosa e socievole fino al raggiungimento degli undici anni, non ha potuto fare a meno di notare che la gioia infantile della figlia si era presa una vacanza e di chiedersi che cosa stesse accadendo nella testa della bambina.
Docter ha poi proposto l’idea al produttore Jonas Rivera che ne è rimasto immediatamente affascinato:
“Il momento in cui mi ha parlato del cambiamento [della sua Elie], ho pensato, ‘Oh Dio, hai il mio completo supporto’. Mia figlia adesso ha nove anni e lo sto vedendo. Ed ho pensato, tutti hanno avuto un bambino o sono stati dei bambini, c’è qualcosa che risuonerà in tutti. Così, è diventato davvero questo esercizio sulla genitorialità e su noi tre [Pete, Jonas, e il co-regista Ronnie del Carmen]…”.
Il film è così diventato un ottimo esercizio per affrontare alcune memorie della propria infanzia, ammette Docter:
“Sono rimasti ancora degli strascichi dei tempi difficili alle superiori. Penso che in una certa misura è per questo motivo che lavoro nell’animazione, perché è stato così difficile parlare con altre persone. È molto più facile sedersi nella propria stanza e disegnare, perché hai ancora qualcosa da dire… così tutte queste cose sono state unite per creare un film molto personale. Guardando mia figlia si sono scatenati i ricordi della mia infanzia”.
In Inside Out osserviamo così come ogni essere umano usa in modo diverso queste cinque emozioni: Disgusto, Rabbia, Tristezza, Gioia e Paura e come mentre cresciamo, Gioia finisce sul sedile posteriore. Ma la creazione dei due mondi, quello all’interno della mente della protagonista Riley e quello al suo esterno, ha presentato diversi problemi dal punto di vista tecnico su come girare il film. Da una parte era necessario che la pellicola comunicasse il tumultuoso ed espressivo mondo delle emozioni e allo stesso tempo trasmettesse le sottigliezze e le sfumature del mondo esterno.
Usare una diversa art direction e un diverso design per il mondo dentro e fuori la testa di Riley non era abbastanza. Lo spettatore doveva sentire questa diversità, così hanno deciso di usare diverse tecniche di ripresa virtuale: le tecniche di ripresa standard, più meccaniche sono state usate per girare all’esterno della mente di Riley, fornendo una sensazione più realistica. Il mondo al suo interno aveva invece bisogno delle emozioni che solo una telecamera tenuta a mano, una stedicam possono dare.
Il direttore della fotografia Patrick Lin ha spiegato che hanno lavorato come la troupe di un film live action, solo che nel loro caso la telecamera era virtuale.
“Ma sebbene sia virtuale, è matematicamente vera. Ha le lenti, la lunghezza focale, la messa a fuoco, F-stop, la distorsione, la profondità di camera e tutto il resto. Simuliamo il movimento di una vera telecamera come se fosse sui binari, un dolly, una gru, una steadicam o tenuta a mano”.
Per poter lavorare in questo modo hanno ricreato delle telecamere approssimative, con dei sensori collegati, le hanno poi proiettate nel mondo virtuale, dove hanno incamerato tutti quei dettagli tipici del lavoro di un operatore di macchina, come la leggera messa fuori fuoco o la sensazione della discesa da un gradino mentre si parte per inseguire una scena d’azione. Qui sotto potete vedere un beeb box, simile a quello usato in Inside Out, creato dal layout artist Adam Habib.
Questa tecnica era stata inizialmente usata nel corto The Blue Umbrella, ma qui è stata ulteriormente migliorata.
The Blue Umbrella – Camera Capture Polish Session from saschka on Vimeo.
Il dipartimento della fotografia e Lin hanno usato diverse tecniche di cattura. Le scene sono state preparate virtualmente, bloccate da un processo chiamato Layout e poi animate. I movimenti della telecamera, sia su rig che a mano, all’interno della scena vengono poi girati come in un film live action, seguendo gli attori mentre si muovono.
L’ultimo grosso ‘problema’ è derivato dall’animazione di Gioia, una sorta di lampadina movente. La Character lighting lead Angelique Reisch ha spiegato:
“Avevamo davvero bisogno che da lei provenisse una luce credibile, così quando è stata animata, abbiamo voluto percepire quella luce mentre si muove sul set. Inoltre, abbiamo voluto che fosse abbastanza dettagliata. Se [Gioia] prendeva ad esempio [in mano] una rana, volevamo vedere la luce tra le dita. Non volevamo mettere solo un riflettore e rendere il tutto luminoso”.
In loro aiuto è sopraggiunto un programma chiamato RenderMan, a cui il CEO della Pixar Ed Catmull aveva cominciato a lavorare negli anni settanta. Quando hanno scoperto che i programmatori stavano lavorando allo sviluppo di aree di luce geometriche, chiamate anche geometry light, in cui si può selezionare un modello e trasformarlo in una fonte di luce, hanno capito di aver trovato la soluzione al loro problema.
Ma la geolight di RenderMan non poteva essere pronta in tempo per la produzione del film, così hanno chiesto l’aiuto del settore tecnologico e di quello della fotografia della Pixar, per avere il programma pronto prima del tempo.
Hanno cominciato la produzione del film nel marzo del 2014, dopo aver fatto solo pochi test con la geolight ma alla fine hanno usato il programma in ogni scena del film.
Per maggiori informazioni sul film potete consultare i seguenti link:
– Inside Out: vi presentiamo Tristezza, una delle protagonista del nuovo cartoon Pixar
– Inside Out: vi presentiamo Disgusto, una delle protagoniste del nuovo cartoon Pixar
– Ecco Rabbia, altro personaggio del nuovo cartoon Pixar Inside Out
– Inside Out, oggi vi presentiamo… Paura
– Inside Out, ed ecco a voi Gioia!
Inside Out farà il suo ingresso nelle sale americane il 19 giugno 2015, mentre da noi arriverà a settembre. Per informazioni e curiosità, QUI la pagina Facebook ufficiale. #EmozionaMente #PixarIT
Fonti blogs.disney, techcrunch, blue umbrella