Lost, dieci anni dopo: alle origini di un cult indimenticabile

Lost, dieci anni dopo: alle origini di un cult indimenticabile

Di Lorenzo Pedrazzi

Oggi non ricorre soltanto l’anniversario della prima messa in onda di Friends, ma anche quello di Lost, il cui episodio pilota debuttò su ABC il 22 settembre 2004: nel giro di sei stagioni (fino al 23 maggio 2010), lo show ha costruito una mitologia che si è profondamente radicata nell’immaginario degli spettatori, catapultandoli in un labirinto narrativo che non concede alcun punto di riferimento, e la cui unica via d’uscita – il finale della serie – è soltanto illusoria.

Ma non indugiamo oltre: SIGLA!

In principio fu Nowhere
L’idea germinale di Lost fu concepita da Lloyd Braun, capo della ABC nel 2003: durante una vacanza alle Hawaii, Braun immaginò una serie che incrociasse Cast Away, Survivor, L’isola di Gilligan e Il signore delle mosche, suscitando l’interesse del vice presidente Thom Sherman, che affidò la scrittura di una prima bozza del copione alla Spelling Television. L’incarico andò a Jeffrey Lieber, ma la sua sceneggiatura non piacque a Braun, che quindi contattò J.J. Abrams per una nuova versione; il creatore di Alias accettò, a patto di poter inserire elementi sovrannaturali e di avere un partner nella scrittura, ruolo che fu assegnato a Damon Lindelof. I due, oltre a scrivere l’episodio pilota, stesero anche una guida contenente la mitologia della serie, concependola come un’unica, lunga narrazione suddivisa in molteplici stagioni, sul modello di Babylon 5. Il compito di gestirla, però, toccò al solo Lindelof e a Carlton Cuse, poiché Abrams, nel frattempo, si assunse l’impegno di dirigere Mission: Impossible III.
Il pilot di Lost fu il più costoso nella storia della ABC (fra i 10 e i 14 milioni di dollari), al punto che Braun venne persino licenziato dalla Disney per aver approvato una simile spesa. Eppure, si rivelò un ottimo investimento: il pilot fu uno dei maggiori successi di critica e pubblico del 2004, e aiutò la ABC a invertire la tendenza dei suoi ascolti, cui contribuirono anche Desperate Housewives e Grey’s Anatomy.

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L’isola delle anime perse
Il volo Oceanic 815, diretto da Sidney a Los Angeles, precipita su un’isola tropicale apparentemente deserta. Fra i sopravvissuti ci sono Jack Shephard (Matthew Fox), un chirurgo che stava trasportando la salma del padre; Kate Austen (Evangeline Lilly), una giovane fuggitiva che è stata arrestata per omicidio; James “Sawyer” Ford (Josh Holloway), un truffatore fascinoso e arrogante; Hugo “Hurley” Reyes (Jorge Garcia), ossessionato da una sequenza di numeri che crede portino sfortuna; John Locke (Terry O’Quinn), un uomo che ha perso l’uso delle gambe in seguito a uno scontro con suo padre, e che torna a camminare non appena mette piede sull’isola; Sayid Jarrah (Naveen Andrews), ex membro della Guardia Repubblicana iraquena; e molti altri personaggi, tutti costretti a trovare un modo per sopravvivere su quell’isola enigmatica, dove un misterioso “mostro” si aggira per la giungla, un inquietante messaggio radio si ripete ininterrottamente da sedici anni, una botola pare nascondere verità inconfessabili, e un gruppo di oscuri individui – gli “altri” – non sembra gradire la loro presenza.

lost supper cover

Questa, però, è soltanto una misera premessa: la narrazione di Lost, infatti, si parcellizza in un dedalo di trame parallele che rivelano un panorama ben più vasto, coinvolgendo il passato dei personaggi (raccontato attraverso dei flashback), le connessioni dirette o indirette che li legano nel profondo, gli esperimenti di un’organizzazione scientifica chiamata Dharma Initiative, numerosi viaggi o paradossi temporali, e infine una contrapposizione dualistica fra due entità ancestrali e sovrasensibili, Jacob (il bene) e l’Uomo in Nero (il male). Ma l’origine dei suoi misteri sovrapposti – e dell’insoddisfazione di molti spettatori – è rintracciabile nell’approccio alla scrittura: privi di una guida preesistente (al contrario di quanto accade, ad esempio, in Game of Thrones), gli autori hanno sviluppato la storia giorno per giorno, stagione per stagione, giocando sull’accumulo delle domande e sull’evanescenza delle risposte, ma incappando anche in vari errori di continuità, spunti mai sfruttati e sottotrame dimenticate. Questo ha condotto la storia fino a un epilogo solo parziale, che ha lasciato in sospeso molti interrogativi circa la vera natura dell’isola e delle sue manifestazioni fantasmatiche, eppure, al contempo, ha permesso anche di mantenere alto il livello di tensione fino all’ultimo, senza mai intaccare quel velo di mistero che, altrove, viene squarciato con eccessiva leggerezza, sciogliendo la suspense. Ne risulta uno dei più grandi esperimenti nella storia della serialità televisiva: Lost è infatti uno show che si è offerto al pubblico nel suo farsi, denudando i meccanismi della narrazione e della scrittura seriale nello stesso istante in cui venivano adottati dagli sceneggiatori. Oltre che un mistery paranormale e fantascientifico, insomma, Lost è un prodotto metanarrativo, ma lo è in modo inconsapevole, dunque privo di compulsioni citazioniste o riferimenti pop autocompiaciuti (anzi, i suoi riferimenti sono tutt’altro che pop: i nomi dei personaggi richiamano quelli di alcuni celebri filosofi, fisici, matematici o personaggi letterari, segno che la serie attinge a un immaginario “classico” e superficialmente accademico, più che popolare, nonostante tragga ispirazione anche da prodotti come Ai confini della realtà e Myst).

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Come Lost nessuno mai
Il fatto che Lost sia una serie davvero unica e forse irripetibile, è testimoniato dall’evidenza che praticamente tutti i suoi emuli abbiano fallito. Abbagliati dalla sua capacità di rileggere con sguardo fresco certi topoi della fantascienza e dell’avventura, sedotti dall’assenza di punti di riferimento sicuri all’interno della narrazione, molti network hanno tentato la medesima strada, ma la commistione dei generi e la ricerca del mistery non hanno sortito gli stessi effetti. Alcuni show hanno provato ad adottare una trama interamente orizzontale, priva di episodi autoconclusivi, al fine di mettere in risalto il grande enigma della vicenda: è il caso, ad esempio, di Surface, The Event e FlashForward (quest’ultimo della stessa ABC), tutti cancellati dopo una sola stagione, segno che il pubblico non era disposto a rivolgere altrove lo stesso livello di pazienza richiesto da Lost. Il medesimo discorso vale anche per quell’autentico disastro che è stato Terra Nova, chiuso a sua volta dopo una sola stagione, mentre Revolution non ha avuto molta più fortuna, ed è durato soltanto due anni. Alcatraz, d’altra parte, ha tentato di unire le esigenze della trama orizzontale (un grande mistero da risolvere) e quelle di un procedural verticale, ma non ha superato l’esame della prima stagione, peraltro composta da soltanto tredici episodi. Diversa la sorte di Fringe, che invece ha toccato la quota di cinque stagioni e si è guadagnato un meritatissimo alone cult: certo, il suo riferimento principale è X-Files, ma anche Fringe – peraltro co-ideato da Abrams – reca l’influenza di Lost nella commistione di fantascienza e paranormale, oltre che nell’impiego di indizi nascosti (i glifi) e altri espedienti utili a costruire una vera e propria mitologia.
Al termine di Lost, insomma, Fringe è stato il nostro metadone.

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Chiudi gli occhi
Comunque, tornando sul finale della serie, bisogna riconoscere l’astuzia degli autori: se è vero che molti misteri rimangono irrisolti, lo stesso non può dirsi per la sorte dei personaggi, che si ritrovano in un “purgatorio” catartico dove possono finalmente realizzare i loro sogni amorosi, offrendo così allo show – e agli spettatori – un epilogo risolutivo almeno sul piano sentimentale. La realtà presente, invece, rivela una struttura circolare: Jack sacrifica la sua vita per riaccendere il “cuore” dell’isola, e nell’ultima inquaratura vediamo la sua palpebra chiudersi, una scena speculare rispetto alla prima inquadratura del primo episodio.
Un occhio che si apre, un occhio che si chiude: sipario ideale per una serie che fa del mistero uno strumento di meraviglia, e della meraviglia – spesso tradita, negata o solo accennata – un mezzo di fascinazione irresistibile.

Potete votare e commentare tutti gli episodi di Lost sul nostro Episode 39 a QUESTO LINK.

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