The Last Ship, la recensione del primo episodio: Phase Six

The Last Ship, la recensione del primo episodio: Phase Six

Di Lorenzo Pedrazzi

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Su TNT ha debuttato The Last Ship, serie prodotta dalla Platinum Dunes di Michael Bay che racconta le peripezie dell’incrociatore Nathan James della marina americana, sopravvissuto al contagio di un virus che ha sterminato gran parte della popolazione mondiale…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Tom Chandler (Eric Dane), capitano dell’incrociatore Nathan James, ospita sulla sua nave la paleomicrobiologa Rachel Scott (Rhona Mitra) per una missione di quattro mesi fra i ghiacci artici, dove l’equipaggio potrà testare alcune armi missilistiche mentre la scienziata preleva dei campioni per i suoi misteriosi studi. Al termine dei quattro mesi, però, la nave riceve l’ordine di continuare il silenzio radio ed estendere la missione, poco prima di subire un attacco ingiustificato da parte di alcuni elicotteri dell’esercito russo. Rachel scampa all’agguato, i soldati americani rispondono al fuoco e abbattono gli elicotteri, e uno dei russi, poco prima di morire, confessa che il loro obiettivo era «la cura». Già, ma la cura di cosa? Chandler chiede spiegazioni a Rachel, che gli svela la verità: il test missilistico era solo un pretesto per coprire il reale obiettivo della missione, ovvero cercare il ceppo originale di un virus che sta decimando l’umanità. Mentre la Nathan James si trovava tra i ghiacci, l’epidemia ha infatti raggiunto la “fase 6”, e si è diffusa a livello mondiale; l’equipaggio della nave, grazie alla sua posizione, non è stato raggiunto dal virus, ma nel frattempo i governi sono caduti, e gli Stati Uniti si reggono sulla guida dell’ex portavoce della Casa Bianca, dopo la morte del vero Presidente e del suo vice. A corto di cibo e di carburante, i soldati s’imbattono in una nave da crociera italiana – i cui passeggeri sono stati sterminati dall’epidemia – e prelevano le risorse necessarie per raggiungere le coste degli Stati Uniti. Ormai, anche il governo provvisorio sembra sia stato annientato dal virus, e Chandler si sente costretto a prendere una decisione: la Nathan James potrebbe essere l’ultima speranza dell’umanità, quindi l’equipaggio non potrà sbarcare per andare in cerca dei propri cari, ma dovrà rimanere a bordo per assistere la dr.ssa Scott nella creazione di un vaccino, la cui sintetizzazione appare più probabile dopo che la scienziata ha scoperto che il virus è stato manipolato artificialmente per farne un’arma. Il suo assistente, però, è in contatto con una fonte sconosciuta, e sembra avere altri piani…

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La lunga ombra di Michael Bay si staglia su The Last Ship come un marchio ben noto e riconoscibile, evidente nella sottile retorica militarista e nell’esaltazione della supremazia americana, ultimo baluardo per salvare un’umanità allo sbando. Vedere due soldati statunitensi che riescono ad abbattere da soli gli elicotteri russi è paradossale, e riecheggia ingenuamente un approccio ideologico vecchio di mezzo secolo, dove il resto del mondo è ritratto come una massa di bambini impauriti e inermi. La Nathan James si configura quindi come un microcosmo di uomini e donne ligi al dovere, accuratamente multietnico e persino aperto all’omosessualità (una delle soldatesse è lesbica), giusto per seminare qualche briciola di “politicamente corretto” in un contesto solo apparentemente variegato ed eterogeneo.

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L’unione fra dramma navale e ambientazione apocalittica riserva comunque un discreto intrattenimento, e Phase Six ha il merito – rispetto ad altri pilot, si pensi al recente Dominion – di non durare un solo minuto in più del necessario, sorretto com’è da un buon ritmo narrativo e dalla solida regia del mestierante Jonathan Mostow, che gestisce bene le incombenze dell’azione e dei validi effetti speciali. Certo, sul piano emotivo e caratteriale non c’è molto da dire: i contrasti fra la dr.ssa Scott e il capitano Chandler sono alquanto stereotipati, e i rispettivi interpreti faticano a lasciar trasparire le emozioni; l’unica sfumatura di sentimento emerge quando Chandler riceve un videomessaggio dalla sua famiglia, che è riuscita a sfuggire al virus ed è ansiosa di riabbracciarlo. La peculiarità dell’ambientazione potrebbe però garantire un minimo di originalità rispetto al tema dell’apocalisse, poiché la nave diventa una sorta di città semovente che si mette in viaggio da un capo all’altro del mondo per sintetizzare una cura, pur ospitando inconsapevolmente un potenziale nemico: l’assistente della dottoressa, che sembra nascondere obiettivi oscuri. La prima stagione è composta soltanto da otto episodi, e questo limite sembra la soluzione ideale per una serie che, a giudicare dalla sua struttura, non potrebbe reggere su una distanza più lunga. Staremo a vedere.

La citazione: «Abbiamo lasciato la costa quattro mesi fa come membri della marina militare statunitense. Ma ora siamo più di questo. Ora il nostro dovere è verso il mondo intero.»

Ho apprezzato: la solida regia di Mostow; l’unione fra dramma navale e scenario apocalittico.

Non ho apprezzato: certe sfumature ideologiche militariste; i conflitti stereotipati; le goffe concessioni al politicamente corretto.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di The Last Ship sul nostro Episode39 a questo LINK.

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