“Quando facciamo surf è la fine dell’onda che affrontiamo, la fine di qualcosa che nasce molto più in profondità, nell’oceano. Quando l’onda ci colpisce con tutta la sua energia, il tutto si confonde con il niente, e diventa serenità”. Non è una citazione letterale ma corrisponde più o meno a uno dei passaggi più belli di Still the Water (Futatsume no mado), film della regista giapponese Naomi Kawase appena presentato in concorso al 67° Festival di Cannes. Un’opera dalle tinte contrastanti, che a un’estrema delicatezza alterna momenti di turbolenza e un’estetica anche molto cruda. L’intenzione, però, è sempre coerente ed è quella di celebrare tutta la forza della natura, compresi i suoi lati burrascosi o la brutalità di alcuni riti tradizionali per altri versi pieni di antica bellezza e incanto.
La storia è molto semplice e scorre lenta, quasi seguendo l’alternarsi delle correnti marittime: protagonisti due giovani ragazzi dell’isola Amami, luogo in cui vige ancora un rapporto magico con gli elementi naturali e dove gli abitanti vivono in comunità sia tra di loro, sia con l’ambiente che li circonda. Non è un posto dove succeda molto, se non la vita stessa, con tutti i suoi piccoli e grandi eventi quotidiani, compreso lo spegnersi nella morte, e dove anche l’amore ha bisogno del tempo di sbocciare come un fiore, o di maturare come un frutto estivo. Un posto dove una piacevole brezza che accarezza i capelli di due ragazzi in bicilcetta, può trasformarsi in pochi istanti in un cruento maremoto, un po’ come i sentimenti, che a volte covano in fodno all’anima per poi esplodere in una tempesta, più o meno catartica a seconda di come la si sa affrontare.
Niente trame complicate e niente melodrammi su ciò che l’esistenza e la natura offrono alla vista ogni gionro, ma neppure simbologie criptiche o eccessivi manierismi fotografici. Still the Water è un film che sa farsi grande delle piccole cose, che invita con estrema cortesia, tutta orientale, a ritrovare la magia e l’incanto della quotidianità. Una piccola perla nascosta in guscio un po’ ostico per chi, come il pubblico occidentale, è avvezzo alla rappresentazione di grandi drammi e grandi passioni, ma che scommettiamo saprà essere colta da chi avrà la pazienza di tuffarsi a pescarla.
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