Vale la pena morire in nome dell’Arte? È giusto sacrificare la vita di un soldato per la marmorea Madonna di Bruges di Michelangelo? La risposta, assai banalmente, è sì. Nella sua quinta prova dietro la macchina da presa, George Clooney sente comunque il dovere di ricordarcelo, e lo fa con un racconto sì vagamente divertente ma soprattutto didascalico e retorico.
Peccato, perché le premesse di The Monuments Men erano delle migliori. La materia prima narrativa, infatti, era intrisa di alte potenzialità: una storia vera eppure incredibile, dalle venature ironiche ma anche in grado di instillare riflessioni su questioni universali come il ruolo dell’Arte nella vita dell’uomo.
Nel dettaglio, la storia che è andata sprecata è la seguente: durante la II guerra mondiale il Presidente americano Roosevelt mette insieme una squadra speciale di direttori di museo, curatori, artisti, architetti e storici dell’arte che, fingendosi soldati al fronte, devono mettere in salvo le opere d’arte trafugate dai nazisti, o comunque a rischio distruzione a causa del conflitto. Tratta dal libro di Robert M. Edsel e Bret Witter e già (meglio) trasposta al cinema in Il treno di John Frankenheimer, la vicenda si prestava quindi a diventare un interessante affresco bellico coi toni dell’azione, del thriller e della commedia. Il più evidente difetto dell’opera di Clooney è invece che il mix di generi volutamente perseguito non regge; anzi l’amalgama è grumosa e il gusto dei singoli ingredienti finisce con l’annullarsi a vicenda. Come richiamati a bacchetta, sistematicamente appaiono campi di battaglia tra le macerie, mappe geografiche su cui tracciare i piani d’azione, incontri clandestini, ma sono scenette accostate una dietro l’altra, ognuna che va nella propria direzione.
Perfino la comicità non è ben sfruttata: l’ironia evidente di questi artisti/intellettuali, uomini di mezza età catapultati sui campi di battaglia e trasformati in soldati dall’oggi al domani, è un aspetto che, appena accennato nel personaggio di John Goodman, poteva essere esasperato molto di più. Non ben costruito è altresì il côté del thriller d’azione: se la tensione di questo genere si misura anche e soprattutto dalla grandezza del nemico, dalla paura verso di lui nello venir scoperti, qui i “temibili” nazisti sono delle pure macchiette.
Anche le prove del cast, comunque composto da ottimi nomi (Matt Damon, Bill Murray, il già citato John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban, Hugh Bonneville e Cate Blanchett), si annacquano a vicenda. Ben lontani dalla forza del gruppo eterogeneo di La grande fuga, i personaggi entrano e escono dallo schermo in una sorta di sfilata con una psicologia appiccicatagli addosso con una spilla: nessuno di loro è approfondito, e a nessuno ci si affeziona particolarmente anche perché sono tutti brav’uomini e brave donne intercambiabili, dall’immediata empatia ma dall’immediato oblio. Insomma, non si vive il dramma personale di nessuno e ci si complimenta indifferentemente con tutti per il sacrificio fatto.
Con The Monuments Men, Clooney ha dichiarato di aver voluto realizzare un film meno cinico e con un messaggio più positivo rispetto al precedente Le idi di marzo. Sì, il messaggio positivo è eclatante, eppure questa una storia vera risulta alla fine una favoletta dove il lieto fine è raggiunto senza troppi drammi (al di là di due morti che arrivano senza troppe lacrime) e dove lo spettatore si sente esterno alle vicende, indifferente. A questo punto meglio venir pungolati dal negativo cinismo piuttosto che sorbirsi la bella storiella di buoni (gli americani che salvano la Cultura e l’Europa) che scivola addosso senza lasciar nulla, se non qualche risata qua e là per Damon che prova a parlar francese.
Come un quadro in un museo ha bisogno di luce e spazio per poter esser visto e apprezzato in tutto il suo valore, il film-monumento di Clooney è più che altro un magazzino dove le opere d’arte sono ammassate, disposte male, senza ritmo, nonché offuscate da una luce troppo retorica.
Presentato in anteprima al Festival di Berlino, The Monuments Men uscirà nei cinema il 13 febbraio 2014.