Per gli appassionati di cinema d’autore, dei film indipendenti, dei grandi classici del passato ma anche di quei titoli spesso al confine tra documentario e video-arte passati solo dai circuiti dei festival e poi irrecuperabili, MUBI è una piccola scatola magica da cui pescare ogni giorno. Se a livello internazionale, questo portale di streaming è un punto di rifermento importante per i cinefili ed è riuscito a costruire una vera e propria community online, in Italia la piattaforma è stata rilanciata lo scorso settembre con una nuova struttura di fruizione: al costo di 4,99 euro al mese (ma ci sono anche formule di abbonamento più convenienti per periodi più prolungati) l’utente ha accesso a 30 film al mese, con un nuovo titolo che ogni giorno va a sostituire quello più datato.
In questo periodo, inoltre, se invitati da un amico già iscritto a MUBI, è possibile provare il servizio gratuitamente per 1 mese. Bene, noi è ormai un paio di settimane che ci siamo buttati guardando diversi dei film in catalogo; oggi abbiamo visto L’uomo con la macchina da presa, film avanguardistico del 1929 firmato da uno dei maestri del montaggio del cinema russo, ossia Dziga Vertov.
A guardarlo oggi, L’uomo con la macchina da presa mantiene intatta una modernità e una carica sperimentale davvero disarmante. Il semplice racconto della giornata di un cineoperatore dall’alba al tramonto diviene, grazie alla forza del montaggio ma anche grazie a inquadrature sghembe, sovraimpressioni e split-screen, una sinfonia di immagini. Un concerto di inquadrature che mostrano la città, Mosca, da diversi punti di vista e angolazioni (la macchina da presa viene posizionata ovunque, appoggiata sulla strada, in cima ad un auto o fatta roteare). Non c’è sceneggiatura (la storia sono gli episodi quotidiani ripresi, da un funerale a un parto alla firma di un divorzio), non ci sono attori (se non le comparse per strada); è il movimento, il cinema il vero protagonista. Siamo davanti a uno dei primi esempi in cui la settima arte metteva in scena se stessa, l’atto stesso del filmare per denunciare allo spettatore che la sua capacità di illusione.
QUI in streaming su MUBI. Nei giorni scorsi, invece, siamo andati a guardare:
• Quell’incerto sentimento di Lubitsch
• Il monello di Chaplin
• Carcasses di Denis Côté
• Queen of Diamonds di Nina Menkes
• La corazzata Potemkin di Ejzenštejn
• Faux Contact, cortometraggio francese tra terrorismo e Nintendo
• Detour, il b-movie amato da Scorsese
• Quiet City, del giovane e raffinato Aaron Katz (uno degli autori della corrente del mumblecore)
• Les Demoiselles de Rochefort di Jacque Demy
• The Man Who Slept, cortometraggio di Inès Sedan