Dallas Buyers Club – Incontro con Matthew McConaughey, candidato all’Oscar per il suo Ron Woodroof

Dallas Buyers Club – Incontro con Matthew McConaughey, candidato all’Oscar per il suo Ron Woodroof

Di Leotruman

Dallas-Buyers-Club-trailer

Ha vinto il Golden Globe, il SAG ed in pole position per vincere il suo primo Oscar come Miglior Attore Protagonista. Parliamo di Matthew McConaughey, attore texano classe 1969 tornato in un vero e proprio stato di grazia negli ultimi tre anni.

La sua carriera è tornata a splendere forte di scelte ben ragionate atte a far brillare le sue qualità attoriali come avvenuto nei suoi primi anni (come dimenticarlo in Contact, Il Momento di Uccidere, Amistad ed Ed-Tv). In pochi anni sforna una serie di ruoli memorabili, grazie a Killer Joe, Magic Mike, Mud e un piccolo ma significativo ruolo in The Wolf of Wall Street (per non parlare di True Detective della HBO). È però con Dallas Buyers Club, il dramma diretto da Jean-Marc Vallée e ispirato alla vera storia di Ron Woodroof, un elettricista texano a cui viene diagnosticato il virus dell’AIDS, ad avere finalmente la chance di portarsi a casa l’ambita statuetta.

Sbarcato oggi a Roma, dove ad inizio novembre il film era stato presentato in anteprima mondiale (QUI la nostra recensione), ha parlato per un’ora della pellicola e della sua carriera. Ecco il nostro resoconto completo:

Quando hai cominciato ad interessarti al progetto, visto che erano diversi anni che la sceneggiatura girava ad Hollywood? 

La sceneggiatura è arrivata sulla mia scrivania circa cinque anni fa, quattro anni prima che riuscissimo effettivamente a realizzarlo. Non c’era nessuno ancora coinvolto, e mi sono detto “Io devo partecipare a questo film ad ogni costo!”. Il progetto è poi slittato di anno in anno, ma continuavo a pensare, e lo scrissi pure sulla sua copertina, è “Questa sceneggiatura ha le zanne”, e io ero stato azzannato, preso. Avevo assolutamente intenzione di farlo, e mi ero fissato mentalmente come data di inizio riprese l’autunno del 2012. Sembrava di avere trovato i soldi, il regista aveva accettato. Non abbiamo ceduto nonostante le difficoltà, non abbiamo fatto marcia indietro nemmeno quando i soldi sparirono a cinque settimane dalle riprese. Avevo già perso quasi 20 chili, era per me impossibile rimandare: è avvenuto poi questo piccolo miracolo, abbiamo messo insieme la somma necessaria, e abbiamo iniziato le riprese. Il cammino difficoltoso e lo sforzo necessario sono stati ulteriormente spinta ed energia che abbiamo infuso al film.

Sei nominato agli Oscar, tra l’altro con i tuoi colleghi di The Wolf of Wall Street, il film di Martin Scorsese.

Beh, ho lavorato solo cinque giorni al film, quindi mi sembra difficile dire di aver realizzato realmente quel film. In ogni caso Jonah Hill è stato candidato, così come Leonardo e lui di candidature ne ha avute tante… A proposito, vi racconto una storiella. Quando ho scoperto che Martin mi voleva incontrare mi è venuto in mente quando nel ’92 studiavo cinema all’università, e lì studiavo proprio i film di Scorsese, erano le nostre lezione. Vent’anni dopo mi sto dirigendo verso casa sua, tra l’altro invitato da lui personalmente, ed era incredibile il fatto che io tanti anni prima studiassi proprio sulle sue opere. È stata una cosa bellissima: lui ha una conoscenza così profonda del cinema, e ama tantissimo il lato divertente delle cose. Mi ha parlato del piccolo ruolo che voleva assegnarmi, e mi sono documentato, fatto ricerche e prove, gli ho proposto quello che avevo in mente e a lui è piaciuto tutto subito. Dopo cinque riprese nemmeno ci parlavamo in lingua, ma ci capivamo quasi con una musica tutta nostra.

Matthew McConaughey Roma

La sua carriera è stata molto particolare. Un inizio folgorante, per poi solo negli ultimi anni inanellare una serie di ruoli incredibili e memorabili. Cos’è cambiato? Questioni di scelte, offerta o maturazione?

Credo più una combinazione di questi tre elementi. Molto spesso mi è stata rivolta questa domanda, alla quale io stesso ho cercato di darmi delle risposte. Mi ricordo di quattro anni fa in particolare, un periodo della mia carriera dove mi venivano offerti ruoli che mi piacevano ma allo stesso tempo sentivo che avevo bisogno di qualcosa di più. Ho deciso quindi di ricalibrare il mio rapporto con il lavoro, anche perché avevo una vita più esaltante rispetto a quella che era la mia carriera. Sentivo sempre più il bisogno di ricevere e accettare un ruolo che rappresentasse una sfida per me, che mi spaventasse, che mi facesse sentire mancare il terreno sotto i piedi. Ho iniziato a dire di no ad una serie di film, commedie e azione, che erano interessanti ma ho seguito anche il consiglio di mia moglie, che mi ha convinto ad aspettare. Per un anno non ho lavorato, nel frattempo è nato il mio primo figlio ed è stata una cosa bellissima, anche perché ho potuto dedicarmi a lui. Poi sono arrivati Killer Joe e Soderbergh con Magic Mike: la pausa ha permesse ad alcuni registi di vedermi sotto un’altra ottica. Non è stato un rebranding, ma una vera e propria cancellazione del “mio marchio”. È bene o male qualcosa che succede a molti uomini intorno ai 40 anni, non solo nel mondo del cinema: iniziano ad avere nuove idee e aspettative, seguire nuovi percorsi. In ogni caso è bene avere un punto chiave, che è la famiglia: quanto più un uomo si sente sicuro a casa, tanto più è in grado di volare alto e allontanarsi. Ho quindi chiuso la mia casa di produzione cinematografica e musicale, e deciso di concentrarmi sulla mia carriera di attore.

Cosa spaventava i produttori e che ha portato a dire molti “no”? Cosa temevano che non piacesse di questo film?

Rifiutato centinaia di volte. Quando qualcuno decide di investire soldi in un film, certo vogliono fare buona arte ma anche riguadagnare la cifra investita e fare più quattrini. Quando leggevano il rigo di presentazione del film “Film d’epoca, dramma sull’HIV, eroe omofobico”, scappavano tutti. Il film ovviamente era ben altro, ma molti si sono spaventati proprio per questo.

Perdere 20 chili non è un’impresa da poco, in particolare rimanendo in salute e mantenendo le energie che servono per interpretare un ruolo così impegnativo. Come ha fatto?

Ho perso così tanti chili sono con una precisione specifica e grande impegno. Innanzitutto mi sono consultato con un medico, che mi ha consigliato la cifra di chili da perdere (appunto una ventina). Mi sono dato quattro mesi, perdevo circa un paio di chili la settimana, e l’ho fatto rinchiudendomi da eremita in casa. Non uscivo mai, ho evitato di partecipare ad eventi sociali: chiuso in casa circondandomi di cose delle quali si sarebbe circondato anche Ron, il protagonista. Da quel momento ho cominciato a seguire questo regime, ma la cosa sorprendente è che più perdevo energie dal collo in giù, ne guadagnavo dal collo in su. Avevo bisogno di meno ore di sonno, avevo sempre una carica e un’energia che è esattamente quanto successo a Ron: man mano che si rinsecchiva nel corpo, la sua mente era sempre più vitale ed energetica. Come un uccellino che si affaccia al nido, affamato e desideroso di vita. La perdita di peso è stata quindi sublimata dalla mia mente.

Dallas Buyers Club Matthew McConaughey

Qual è stato il ruolo cruciale che è stato rivelatore delle sue possibilità, anche per il mondo di Hollywood? 

Probabilmente il ruolo che mi ha fatto notare sotto altre luci è stato The Lincoln Lawyer, ben criticato e con buoni riscontri al botteghino. Ha fatto tornare indietro le persone ad un’altro ruolo che ho interpretato agli inizi, Il Momento di Uccidere.

Cosa ha appreso interpretando il ruolo di Ron Woodroof?

La lezione di vita che ho appreso da Ron è che se vuoi qualcosa, fallo da solo. Interpretarlo me lo ha ricordato.

Hollywood ha sempre apprezzato le trasformazioni estreme, in particolare dal bello al brutto. La sua interpretazione sarebbe rimasta ugualmente acclamata senza i 23 chili in meno?

La portata alla quale si può spingere un essere umano non rappresenta necessariamente la misura della buona arte. A volte può essere espressione del sé, ma non dell’arte. Il fatto che io abbia perso tutto quel peso può avere rappresentato il valore che poteva rappresentare lo shock prima di vedere il film, ma nel momento in cui ci si siede in sala non è il film di Matthew McConaughey che è diventato secco, ma il film che parla di Ron Woodroof. È successo anche a me: ho visto il film e dopo la prima scena mi ero completamente immerso nella storia, quasi dimenticando che l’avessi interpretato io. Lo stesso vale credo anche per Jared Leto e la sua trasformazione: è sempre però la storia a prendere il sopravvento.

Come è stato accolto il film dalla comunità gay? 

È stato accolto molto bene. Molte persone sono venute a congratularsi, ricordandosi di quel terribile periodo. Andando a rivedere la fine degli anni ’80 in feffetti all’epoca l’argomento era taboo: era una vergogna essere affetti da questa malattia. Oggi per esempio mi rendo conto che magari alcune persone che conoscevo erano affette da HIV, ma non avevano avuto il coraggio di dirlo perché era una cosa da nascondere. Questo film è importante anche per le nuove generazioni, che non hanno idea di come era all’epoca, di come veniva affontato il virus all’inizio, come operava l’FDA. Possiamo parlarne senza vergogna, mentre ai tempi si veniva messi da parte dalla società, isolati da tutto e tutti come si faceva con i lebbrosi. Il film può sicuramente aiutare a capire i passi che sono stati fatti, e quelli che si possono ancora compiere per sconfiggere questa piaga.

The Dallas Buyers Club uscirà in Italia il 30 gennaio 2014 distribuito da Good Films.

Fonte: ScreenWeek

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