Tra le novità del 31° Torino Film Fest, la sezione Europop presenta film che hanno dominato i botteghini nazionali, senza però uscire – almeno per ora – dal mercato locale. Film che inaugura la sezione è Molière in bicicletta, commedia di Philippe Le Guay (Le donne del sesto piano) che in francia ha sbancato il box-office e che sta per uscire anche sugli schermi italiani.
Protagonisti sono due attori: il primo va a trovare il secondo dopo che si è rifugiato in una sorta di eremo abbandonando la professione. Lo scopo è complicato, convincerlo a tornare sulle scene. L’esca: offrirgli il ruolo dell’Alceste nel Misantropo di Molière, il più complesso del teatro classico francese. Le prove scaveranno nel rapporto tra i due. Scritto da Le Guay su idea del protagonista Fabrice Luchini, Molière in bicicletta è una commedia psicologica, di caratteri e personaggi, che riflette sull’essere attore.
Un pretesto e una cornice classici: chiudere due attori e qualche estraneo, fargli recitare dei ruoli che paiono scritti sulle loro personalità e vedere come la realtà superi la scrittura drammaturgica. Così Le Guay conduce una narrazione che mette in scena e alla berlina i limiti e le contraddizioni dell’essere attore e dello spettacolo, concentrandosi però sui ritratti più che sulle implicazioni. Accostabile in un certo senso all’ottimo Venere in pelliccia di Polanski, Molière in bicicletta fa un percorso inverso e più semplice, a tratti semplicistico, partendo dalla recitazione per descrivere storie di amore e di amicizia che la recitazione veicola, lasciando in superficie il graffiante scavo interiore del maestro polacco.
Certo, pubblico e ambizioni del film sono più medie, e quindi poco male che Le Guay banalizzi temi più raffinati, specie se la sceneggiatura dà la possibilità a Luchini e a un Lambert Wilson che gli tiene testa di confrontarsi in un duello non di rado gustoso, a cui fa da spalla un’ottima Maya Sansa. Classico film di qualità al servizio dello spettatore, Molière in bicicletta rende evidente una delle anime del Festival di Torino. E se non ci si ragiona troppo, è un’anima che piace.
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