C’è una sola parola attraverso cui inquadrare perfettamente il nuovo film di Checco Zalone: favola. Prima ancora di essere una commedia, e ben lontano dall’ironia amara di una dramedy, Sole a catinelle è una favola. Sì, sullo sfondo c’è la fatidica crisi economica che in questi anni riempie i giornali e svuota i sogni ma il tutto è talmente edulcorato, staccato dal reale e trasposto in un mondo a parte traboccante di fortuna e lieti fini, che il piano è quello fiabesco.
Sole a catinelle è un film costruito espressamente per far sognare, per far ridere. Per far dimenticare quella stessa crisi e povertà che viene utilizzata come escamotage narrativo. Checco Zalone è qui un padre di famiglia che, nonostante i debiti e un lavoro precario, promette al figlio una vacanza da sogno. Destinazione? «Un luogo spettacolare di 6 lettere» dice Checco; peccato che non si tratti né di Parigi, Londra o Madrid ma… del Molise. Naturalmente, il corso degli eventi porterà poi padre e bambino verso altri, ben più lussuosi, lidi.
Inizialmente suscita un po’ di fastidio questo sfacciato ottimismo e quest’uso facile dell’attualità coi suoi licenziamenti e i suoi pensionati che non riescono a pagare le bollette, ma poi diventa più palese che mai che l’obiettivo di Sole a catinelle non sia tanto ridere della realtà (come si era fatto in Cado dalle nubi e soprattutto in Che bella giornata) quanto fuggire dalla realtà. Quella di Zalone non è una comicità sociologica alla Verdone, né lui è una maschera grottesca alla Cetto La Qualunque/Albanese; Checco punta piuttosto su un’ironia dai toni fabeschi dove lui è un “super-eroe de noi altri”, un “super-papà” – come si sente nella colonna sonora – il cui super-potere è una stupidità geniale, un’ignoranza dal cuore buono.
Diretto con regia neutra e funzionale dal fedele Gennaro Nunziante, in questo piano irreale e fiabesco, il film è ovviamente un one-man-show del super papà Checco, spalleggiato dal piccolo Robert Dancs che riesce abbastanza bene a reggere il confronto. Per chi ama la comicità popolare e garbatamente irriverente tipica dello Zalone nazionale, qui il comico pugliese orchestra bene i ritmi, soprattutto nella seconda parte, e sciorina battute semplici e dirette che ben s’imprimono nella memoria. Trova posto anche il politicamente scorretto i cui bersagli preferiti sono le associazioni umanitarie dalla beneficenza più di facciata che di sostanza, i sindacalisti inutili e le inutili lotte davanti alle fabbriche con donne incatenate, gli immigrati africani che dovrebbero ringraziarci se oggi vanno in vacanza all’Elba, i radical-chic che mangiano vegano e fanno yoga, i registi intellettualoidi che girano film dai titoli come Eutanasia mon amour da presentare ai Festival di Cannes e Venezia (frecciatina…), gli psicologi che “non capiscono mai un cazzo”. Come sempre per Zalone, la battuta centra il bersaglio e la risata arriva, ma il lato scorretto è comunque addomesticato, innocuo, ben poco disturbante, esattamente come la scena del film in cui il papà consente al bambino di dire le parolacce, ma col suo permesso.
In conclusione, con Sole a catinelle Zalone ha scelto un tema scivolosissimo come la crisi ma è riuscito a stare a in piedi. Il trucco è stato costruire una favola. Una favola espressamente per famiglie, in grado di divertire grandi e bambini (i piccoli spettatori sono un target esplicitamente ricercato; sarà uno sfracelo al boxoffice) e che regala un finale ricco di spontaneità e ironia contagiosa in cui lo stesso Zalone non riesce a trattenersi e non può fare a meno di ridere alle proprie stesse battute. Poi va da sé che se sei uno di quei 30enni precari che nella pellicola non esistono proprio e non hai più tanta voglia di credere alle favole, be’, questo non è il film giusto… Ma è innegabile che una risata, anzi molte di più di una, Sole a catinelle è in grado di strappartele praticamente a chiunque.
Sole a catinelle esce nelle sale italiane questo giovedì 31 ottobre in 1.200 copie, una cifra record per quello che si attende essere un risultato da record al box office dopo il successo del precedente film di Zalone Che bella giornata (43 milioni, secondo solo ad Avatar negli ultimi anni)