Il potere non è solo questione di azioni, forse è soprattutto questione di parole: prova a mostrarlo Errol Morris, uno dei più grandi autori di documentari viventi, con The Unknown Known, il suo nuovo film presentato in concorso (ed è un caso raro) alla 70^ Mostra del Cinema di Venezia, il cui protagonista è Donald Rumsfeld.
Ex-segretario della Difesa sotto l’amministrazione Ford e Bush jr., Rumsfeld è al centro di una lunga e capillare intervista che ripercorre tutta la sua carriera politica, dall’elezione a deputato fino ai momenti decisivi della sua carriera puntando soprattutto sugli ultimi 6 anni di carriera (2001-06) quando dovette gestire l’attacco alle Torri Gemelle e la successiva guerra al terrore.
Morris parte dai milioni di memo che Rumsfeld ha scritto da quando lavora a vario titolo alla Casa Bianca e realizza un documentario serratissimo che informa come una biografia, analizza come un saggio e non dimentica mai la funzione creativa del cinema.
Il regista, come spesso, resta fuori campo a fare domande, inquadra solo l’intervistato e arricchisce l’intervista con immagini e materiale di repertorio e archivio, con i memo che lo stesso segretario legge (ne scrisse 20 mila solo negli ultimi 6 mesi al Pentagono) e si confronta direttamente con il principale stratega della politica bellica americana degli ultimi 40 anni. Abituato a trovarsi di fronte personaggi ambigui e discutibili, dalla Sottile linea blu a Mister Morte, il regista ritrae il segretario proprio attraverso la sua ambiguità, fa emergere l’ambizione e il sottile carisma machiavellico del personaggio (nei sorrisi, nelle risate, nelle lacrime e nei primi piani prolungati) e oltre a incalzarlo quando manipola la verità lo inchioda attraverso le immagini che giocano a rimpiattino con le parole.
E le parole, scritte, dette, analizzate (in una sequenza memorabile, Rumsfeld legge i memo in cui chiede i significati espliciti di alcuni termini come terrorismo, non convenzionale eccetera) diventano la spina dorsale di un film che sa scoprire con ironia il lato spettacolare del potere e quello nebbioso della verità (non a caso, Morris vinse un Oscar per un The Fog of War), giocando in modo evoluto con la lingua del cinema: la musica di Danny Elfman, l’uso delle immagini originali, il montaggio interagiscono con le parole come un maestro di cinema sa e può fare. Alla faccia di chi pensa al documentario come qualcosa di diverso.
Anche quest’anno ScreenWEEK è al Lido per seguire la 70. Mostra del Cinema di Venezia. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti dal Festival.