Il ciclo della vita e della morte in immagini di incredibile potenza. E’ l’obiettivo di Samsara, film sperimentale di Ron Fricke che le Giornate Estive di Cinema a Riccione hanno presentato nel corso di una dimostrazione targata Sony Digital Cinema organizzata per mostrare al pubblico degli accreditati, ma anche e soprattutto del pubblico della città, le avveniristiche potenzialità di immagini e proiettori 4K.
Samsara, che in sanscrito è la dottrina del ciclo della vita, raffigurata come una ruota nei dipinti tradizionali, esplora le meraviglia del nostro mondo – in un viaggio produttivo durato circa 5 anni – dal sacro al profano, dalle grandezze della natura agli orrori della civiltà industriale e della società dei consumi, cercando le esperienze della spiritualità umana attraverso una meditazione non verbale. Ideato da Fricke, che ne è anche operatore e direttore della fotografia, e da Mark Magidson, Samsara è una sorta di documentario, un film di ricerca e sperimentale in senso stretto, ossia creato per sperimentare immagini in super 70 mm Panavision adatte alla proiezione e definizione in 4K.
Un film che quindi, per quasi 100 minuti, trasporta in lungo e in largo per il mondo, dal Tibet all’Africa, dai paesi industrializzati agli oscuri antri incontaminati catturando e ipnotizzando lo spettatore con riprese, angolazioni, colori spesso impressionanti, soprattutto nella prima parte, quando l’occhio della macchina da presa cattura luoghi di incredibile forza materiale e plastica. Quando entrano in scena gli uomini e le loro detestabili abitudini, Samsara diventa superficiale e populista a partire dal discorso di fondo, che contrappone la purezza della natura o della spiritualità agli abusi dell’industrializzazione, la bellezza contro la società dei consumi o i totalitarismi politici che tendono a costruirci tutti uguali: obiettivi facili e fin troppo prevedibili che Fricke raggiunge manipolando le immagini con effetti di montaggio e giustapposizioni molto semplici, con tecniche e intuizioni vecchie, che già il regista sperimentò 30 anni fa con Godfrey Reggio in Koyaanisqatsi.
Come un libro di bellissime fotografie non è letteratura, Samsara non è cinema e forse non vuole nemmeno esserlo in senso tradizionale, ma resta un’operazione facile, con immagini meravigliose e incantevoli su musica evocativa (di Lisa Gerrard dei Dead Can Dance) e idee flebili, in cui latita il senso della verità, tranne nel “flash-mob” in carcere. Un unico momento di follia illumina il film e lascia intravedere il capolavoro che poteva essere: la performance di un uomo che si crea inquietanti maschere di argilla in una fabbrica di robot umanoidi. Il resto è una dimostrazione di superbo nitore visivo, che però preferiamo vedere all’opera in prodotti meno peculiari.
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