LA RECENSIONE NON CONTIENE SPOILER.
Addio figlio, porti con te sogni e speranze. Questa non è solo la frase che Jor-El (Russell Crowe) pronuncia ad inizio film, quando decide di inviare sulla Terra il figlio Kal appena nato per salvarlo da morte certa. Questo è anche il pensiero della Warner Bros e della Legendary Pictures: L’Uomo d’Acciaio è il figlio sul quale sono state riposte le speranze di un progetto a lungo termine per riavviare in modo sinergico i franchise legati al mondo DC Comics.
Per realizzare un’opera titanica ed essenziale come questa non possono mancare alcuni elementi base: serve molto tempo e lavoro, bisogna scegliere il miglior team possibile (ma allo stesso tempo variegato), si devono rimuovere pressioni e aspettative dalla mente per cercare di realizzare il miglior film possibile a prescindere. Ed è proprio quest’ultimo punto a rendere il nuovo Superman così diverso dall’atteso: hanno realizzato un film molto più rischioso di quanto ci si potesse immaginare.
Alcuni recenti prodotti di intrattenimento, in particolare nel campo dei cinecomic, sono risultati divertenti, ben fatti e ottimi da più di un’angolazione. Il sapore dell’artificioso, del film studiato a tavolino per piacere al maggior numero di persone possibili, è però rimasto a volte sul palato a fine visione. La battutina a tempo, la tipologia e la durata delle scene d’azione, il numero e l’arco narrativo di protagonisti e co-protagonisti. Marvel/Disney hanno provato a cambiare le carte in tavola chiamando il folle Shane Black per Iron Man 3 (e il risultato è stato spiazzante e positivo), ma Warner rilancia con un pezzo da novanta e ancor più imprevedibile: Zack Snyder.
La sua scelta ha fatto molto discutere nell’ottobre del 2010 quando venne ufficializzata, ma si capì subito che era il nome giusto per dare all’Uomo d’Acciaio quella freschezza che il bravissimo Bryan Singer non era riuscito a portare con il fallimentare e costosissimo Superman Returns, film che faceva sbadigliare sin dalla prima immagine ufficiale di Brandon Routh in costume. Snyder è troppo, Snyder è tutto, come ha dimostrato nella sua eclettica filmografia, che possiede un filo rosso che collega tutte le pellicole: sono il frutto della sua visione personale (fatta di testa, muscoli e cuore), che siano adattamenti o suoi progetti.
Quasi tre anni per portare in sala questo nuovo film, di cui due interi di post-produzione. La cura nel ricreare l’intero mondo del supereroe, nel pianificare la regia delle sequenze d’azioni e nella CG è notevole, ma è la storia ad essere il vero fulcro della pellicola al quale tutto ruota intorno. Non è il solito film di origini, non c’è il solito villain, non ci troviamo tra le mani una luccicante confezione vuota con questo kolossal da 225 milioni di dollari.
David S. Goyer, insieme a Christopher Nolan (le menti dietro al Cavaliere Oscuro) e con la collaborazione dello stesso Snyder nella fase di sviluppo, ha dato vita ad una storia fantascientifica con una forte carica realistica. Ma in questo caso il realismo non è visivo, quanto nelle emozioni e nelle tematiche: i sacrifici di non una ma due coppie di genitori per il proprio figlio, il terrore della solitudine, l’arroganza e la presunta superiorità dell’uomo nei confronti della natura, la paura di non avere un posto da chiamare casa, l’incredulità di fronte alla purezza e alla gratuità.
E se Superman esistesse nel mondo odierno, come reagiremmo? Cosa potrebbero pensare governi e potenti eserciti di un alieno indistruttibile, che vuole aiutare il mondo senza avere nulla in cambio, e che in alcun modo possono controllare? Questo va contro ogni logica moderna, e qualcuno ci ha visto simbolismi cristiani e quant’altro, ma ciò è “merito” del fumetto di partenza che ricordo ha compiuto 75 anni! Il Superman di Snyder è il Superman del 2013, che ha voglia di attualità e modernità, vuole innovare rispettando la tradizione. Snyder toglie a malincuore la mutanda rossa, perché completamente fuori luogo nel terzo millennio, ma ha la capacità di rendere le tute e i costumi dei Kryptoniani (compreso lo stesso Kal-El) carichi di simboli e significato. Elimina l’infanzia a Smallville non perché superflua o poco interessante (la storia viene rivissuta con quattro densissimi flashback ambientati in varie età di Clark), ma perché vuole focalizzare su un Kal-El trentenne, che più che essere in crisi di identità ha “fame” di conoscere le sue origini, non vede l’ora di capire chi è e non fatica poi ad accettarlo.
A dir poco anomala anche la gestione del villain, il generale Zod (Michael Shannon). Nei film di origini inevitabilmente si finiscono per concentrare le energie sulla genesi del supereroe (pensate al primo Iron Man), eppure Goyer e Snyder sono riusciti a creare per il villain un incredibile arco narrativo che dura dal primo minuto all’ultimo. Zod e Faora non sono malvagi: sono semplicemente arroganti e si credono superiori a tutti, ed è la stessa arroganza ad aver portato Krypton alla distruzione. Vogliono trovare Kal perché desiderosi di trovare il maggior numero di sopravvissuti possibili, perché terrorizzati di rimanere soli senza una casa.
Stesso discorso per Lois Lane (Amy Adams), rossa perché secondo Snyder la giornalista d’assalto non ha tempo per andare a farsi la tinta e quindi andava bene con il suo colore naturale di capelli: mai l’avevamo vista così presente e così coinvolta nella storia e nelle azioni (per di più in un primo capitolo!). Ci sono anche le due splendide coppie di genitori, quelli biologici (Jor-El e Lara) e quelli adottivi (Jonathan e Martha), protagonisti di alcune memorabili sequenze che commuovono e aprono il cuore, anche per la forte empatia che riescono a creare.
E poi c’è lui, Clark Kent/Kal-El, interpretato dal ragazzo più bravo e bello che Hollywood ricordi da tempo: il britannico Henry Cavill. Un casting perfetto, un Superman che ha la barba (ma poi se la taglia), i peli sul petto (altro segno della naturalezza voluto da Snyder), dice poche parole ma ti penetra con sguardi fortemente comunicativi.
La regia fortemente emotiva di Zack Snyder, indiscutibile talento che può piacere o meno a seconda dei gusti personali, fatta di camera a mano, zoomate digitali e una CG perfettamente controllata in ogni pixel, ci immerge testa e cuore nei due mondi (Terra e Krypton). Paesaggi e creature fantastiche affiancate a enormi set costruiti, scene d’azione molto lunghe ed imprevedibili, dove esagera nel suo stile senza mai dare fastidio: è il primo capitolo che parte con la quinta marcia, il Superman che abbiamo sempre voluto e che rispecchia i tempi attuali.
È il cinecomic che rischia, osa senza prepotenza, e regala emozioni indimenticabili perché traspare l’unica cosa che i filmaker non possono creare a tavolino, ma solo lasciandosi andare e perdendo il controllo (come fa sempre Snyder, e per questo criticato): la sua anima profonda e importante.
Voto: 9
L’Uomo d’Acciaio uscirà in Italia il 20 giugno 2013. Per saperne di più consultate le nostre news dal blog. Qui trovate la pagina facebook italiana del film.