Django Unchained – La recensione dell’atteso film di Quentin Tarantino

Django Unchained – La recensione dell’atteso film di Quentin Tarantino

Di laura.c

“Scusate, non ho resistito”. È una delle tante battute destinate a diventare indimenticabili tra quelle pronunciate da Christoph Waltz in Django Unchained, ma in fondo è anche lo spirito che anima tutto il nuovo attesissimo film di Quentin Tarantino. Un perfetto tributo al cinema che ha sempre appassionato il regista, contaminato ovviamente con tutti gli elementi tipici della sua particolarissima poetica. Non che lo spaghetti western abbia fatto mai sentire la propria mancanza nei film di Tarantino, rappresentando da sempre uno dei principali universi di riferimento del filmmaker. Ma la citazione esplicita, la rivisitazione diretta, il legame palesato in tutto, dalle inquadrature ai temi trattati e alla musica, passando non da ultimo per il titolo (omaggio dichiarato al Django di Sergio Corbucci) sembrano potenziare ancora di più l’effetto dirompente di questa ultima opera, che non riesce solo nell’intento di citare ma anche di riportare a nuova vita il genere, mescolando l’ultra-classico con l’ultra-moderno e iniettandoci dentro tutta la carica e l’irruenza tipica del cinema di questo regista.

La storia di Django Unchained è (apparentemente) semplice: un cacciatore di taglie di origine tedesca e dal nome Dr. Schultz (Christoph Waltz), stringe un patto con lo schiavo Django, che dovrà aiutarlo a catturare dei ricercati in cambio della libertà. Una volta concluso il compito, però, il loro legame non si scioglie, tanto che Schultz acconsentirà di aiutare il suo nuovo pupillo nella difficile impresa di portare via la moglie da Candyland, una piantagione di proprietà dello spietato Calvin Candie (Leonardo DiCaprio). Ritmo come sempre scattante, scandito da dialoghi serrati e inserti clamorosamente ironici se non proprio parodistici, Django Unchained non solo non tradisce la precedente filmografia del regista, ma spicca anche per personaggi molto ben costruiti. Grazie alla fisicità e allo sguardo fermo di Jamie Foxx, Django diventa subito un’icona, nemmeno fosse l’Obama dei film western. Leonardo DiCaprio riesce perfino a risultare viscido, ma è nulla in confronto alla “spaventosa” trasformazione di Samuel L. Jackson nell’insidioso e cattivissimo lacchè di Calvin Candie. Se pensavate che Tarantino non avrebbe mai potuto cucirgli addosso un ruolo più eclatante di quello ricoperto in Pulp Fiction, potreste a ragione ricredervi. Christoph Waltz dimostra ancora una volta la sua levatura d’attore, con un ruolo che è allo stesso tempo di mentore e di spalla comica, simpatico eppure molto serio e perfino enigmatico, soprattutto nel finale. Quasi inutile menzionare l’importanza di una colonna sonora che riunisce alcuni brani splendidi della tradizione degli spaghetti western, da quelli del Django originale composti da Luis Bacalov a temi meno noti, ma sempre notevoli, di Ennio Morricone, fino ad arrivare addirittura a Lo chiamavano Trinità.

Basato su film considerati di serie B, sul pulp e sul pop meno sofisticato, lo stile di Tarantino, in fin dei conti è sempre stato manierista. I suoi film sembrano sempre nascere dal cinema, nutrirsi di cinema e in un certo senso “vivere” per il cinema stesso. In questo senso Django Unchained sembra un lavoro tanto più complesso quanto più non opera soltanto il solito “bricolage” di elementi cinematografici e pop, ma deve anche spingersi oltre il semplice citazionismo. Deve scavare all’interno del grumo di passioni, anche deteriori, che hanno animato il genere a cui rende omaggio, e riproporle in forma ancora vivida e accessibile. Per questo la storia dello schiavo liberato in cerca della moglie è una grande intuizione: se da un lato sembra un po’ scontata, o forse addirittura l’unica possibile, dall’altra serve a costruire la solida base su cui Tarantino può divertirsi come al solito a inserire tutto ciò che più gli piace, come il piacere di sfottere il Ku Klux Klan, gli immancabili elementi splatter e anche qualche accenno di torture movie, ma soprattutto i dialoghi sempre incisivi, rapidi e brillanti che faranno la gioia dei suoi fan più incalliti. Certo, non è uno spaghetti western in senso classico, ma di sicuro ne sa cogliere lo spirito e integrarlo con la particolarissima estetica tarantiniana. Non un nostalgico revival, perciò, ma una pallottola sparata con più precisione che mai dai uno dei registi più influenti del cinema contemporaneo.

 

Django Unchained farà il suo i­­ngresso nelle sale italiane giovedì 17 gennaio 2013. Vi ricordiamo che qui potete trovare il nostro reportage sull’incontro col regista e il cast a Roma. Qui invece trovate la pagina facebook italiana del film.

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