Suggestivo, visionario, pieno di momenti indimenticabili. L’ultima pellicola diretta da Leos Carax si presenta come un riflessione sull’essenza stessa del cinema. Al centro una figura tragica e sotto certi aspetti pirandelliana, interpretata da Denis Lavant, attore feticcio di questo regista, che viene rappresentato come uno, nessuno e centomila. Il suo personaggio indossa numerose maschere che di volta in volta lo trasportano all’interno di situazioni paradossali, diventando l’emblema Avant-Pop di quello che si potrebbe benissimo definire come l’8 ½ dei nostri tempi. Qui trovate la nostra recensione.
Ci si aspettava un solido dramma carcerario, sporco, politicamente scorretto e violento. Le premesse, infatti, c’erano tutte: un uomo che si ritrova suo malgrado chiuso in un carcere, per giunta nel braccio più duro della struttura, costretto a convivere con gay, trans e pedofili. Il risultato, purtroppo, è un film che non ha un’identità ben precisa, che parte come un prison movie, si sviluppa come un storia di formazione (affrontata attraverso più punti di vista) e finisce all’insegna del più inutile “volemose bene”. La dimensione queer viene trattata come se ci trovassimo di fronte ad una puntata qualsiasi di Jersey Shore, sbandierando un’estetica patinata che, automaticamente, ne altera il fascino. Qui trovate la nostra recensione.
Call Girl di Mikael Marcimain
Visivamente perfetto nel ricostruire un’epoca, gli anni ’70, e nel riprendere un’estetica – e in certi momenti l’atmosfera – utilizzata da Tomas Alfredson nel suo La Talpa, il film diretto da Mikael Marcimain e presentato in concorso durante quest’edizione del Torino Film Festival risente purtroppo di un’eccessiva lunghezza, che inevitabilmente si risolve in più momenti di calo. Ciononostante ci troviamo di fronte ad un’opera di gran classe, che tratta un argomento vero come la prostituzione minorile senza alcun timore, osando quando serve e strizzando in più di un’occasione l’occhio a Nabokov.
Amleto² di Felice Cappa
L’eccentrico spettacolo teatrale scritto e diretto da Filippo Timi, trova una nuova vita sul grande schermo, e per l’occasione si avvale dell’uso del 3D, in grado di annullare e alla stesso tempo amplificare la cosiddetta quarta parete. Non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio film, è vero, ma si tratta in ogni caso di un esperimento interessante, incentrato su di uno spettacolo all’insegna del più sano eccesso e caratterizzato da un umorismo sboccato e al tempo stesso fanciullesco. Qui trovate la nostra intervista al cast.