Il cinema di Valérie Donzelli è un cinema che si nutre di miracoli, in cui il primo è il suo stile. Se il precedente e bellissimo La guerra è dichiarata trasformava il calvario di un bambino in lotta tra vita e morte in un caleidoscopio di gioia e speranza, qui la regista francese vola un po’ più basso e con Main dans la main, presentato in concorso al 7° Festival del Film di Roma, cerca di andare al cuore di un film d’amore passando per la risata d’altri tempi.
Protagonisti del film sono Joachim, vetraio con la passione per la danza, e Hélène, direttrice dell’Opera di Parigi. Quando i due si scambiano un bacio fortuito restano incollati l’uno all’altra, senza potersi staccare, senza poter agire indipendentemente. Chiaro che la situazione creerà non pochi problemi. Scritto dalla stessa Donzelli (anche attrice) con l’ex-compagno (e interprete) Jérémie Elkaim e Gilles Marchand, Main dans la main è una surreale commedia slapstick basata su un presupposto folle e spiazzante che diventa poco a poco un ritratto toccante di due persone, delle loro solitudini, del loro amore.
Quella che potrebbe essere in apparenza una semplice metafora della passione, dell’idea stessa di attrazione, che declina in forma comica tutte le sue varianti, diventa col passare dei minuti un viaggio nell’essenza di un racconto sentimentale che descrive le varie forme che l’amore può prendere, familiare, amichevole, tenero o appassionato, folle. Ma soprattutto testimonia ancora una volta l’assoluta, e sempre sorprendente, capacità stilistica di Donzelli, che sa trascinare lo spettatore dalla risata di gusto alla lacrima con pochissimi tocchi.
Esagera, calca la mano, si fa sempre sentire con la presenza d’attrice o d’autrice, non sa cosa sia stare tra le righe, ma ha la sicurezza e il tocco giusti per vincere la sfida col pubblico, è capace di grandi finezze – come l’uso dei suoni in chiave espressiva o la miscela di voci fuori campo – e sa usare la musica in modo delizioso (Lo schiaccianoci che si alterna al pop-trash anni ’80). Ma soprattutto è una delle rare registe contemporanee a saper comunicare la magia quotidiana dell’amore, l’incanto che è anche fatica, la bellezza e l’ordinarietà dei rapporti. E può riuscirsi solo perché i suoi attori sono anche la sua famiglia: se stavolta lascia a Valérie Lemercier il ruolo da protagonista, ritroviamo con piacere Elkaim (di cui lei interpreta la sorella) e una strepitosa spalla come Béatrice de Stael, che stavolta ruba la scena in più di un’occasione. E ritroviamo il sapore meraviglioso di un cinema che parte e ritorna al cuore, ma senza prescindere da un grande acume.
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