E’ uno dei periodi storici più raccontati al cinema, quello a cavallo tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, cuore di una rivoluzione socio-cultura e in parte anche politica di cui si sente ancora l’eco. Eppure Après mai di Olivier Assayas -uno tra i maggiori registi transalpini, in concorso alla 69^ mostra del cinema di Venezia – dimostra come ancora ci siano pagine da raccontare nel post ’68, realizzando uno dei film più belli e applauditi visti finora al Lido.
Il film racconta le vite politiche e sentimentali di alcuni ragazzi coinvolti nei moti studenteschi dei primissimi anni ’70, i loro sogni e ideali che cambiano e si scontrano con l’età e la realtà, senza però rinnegare mai nulla, come diceva la canzone di Edith Piaf (Non, je ne regrets rien) che chiudeva The Dreamers di Bertolucci, di cui questo film, scritto dallo stesso Assayas, sembra una sorta di seguito, che si allarga dal triangolo a una dimensione più collettiva, che da Parigi vola verso il resto d’Europa, verso Londra e l’Italia.
Il film attraverso i piccoli tumulti dei cuori e delle menti dei giovani protagonisti racconta i grandi tumulti della cultura francese ed europea, immergendosi nelle loro azioni politiche e “criminali”, nei loro ricordi, nella loro musica (come sempre in Assayas c’è una portentosa colonna sonora d’epoca) e nelle suggestioni culturali per dipingere un affresco di una generazione in ritardo, cresciuta 3 anni dopo il ’68 e che quindi si deve scontrare con una società che ha già innalzato “barricate” contro quel vento di cambiamento, portando poco a poco tutti i personaggi a fare i conti con una realtà che tradisce i loro sogni, che li porta a confrontarsi con le tristi contingenze (“Per capire la vita, la tipografia è meglio dell’arte”, dice uno dei personaggi). Assayas racconta questa storia evidentemente auto-biografica, in cui si ritaglia il ruolo di Gilles, mescolando la partecipazione diretta ai fatti col distacco dell’età che non significa revisione, ma semplicemente ragionevolezza.
Aprés mai entra dritto nel cuore del racconto e cresce coi minuti, diventa sempre più corale e completo, sempre più bello, mostrando la grande capacità del suo autore di tracciare percorsi intimi e universali, di trasmettere la sensualità aerea della giovinezza, di realizzare grandi sequenze senza virtuosismi, come le vibranti scene di guerriglia o la sequenza dell’incendio, maestosa e dolorosa cesura del film tra il passato e il futuro di alcuni giovani ed efficaci attori in cui s’incarna lo spirito degli anni, come nella deliziosa 19enne Lola Créton (Un amore di gioventù), già una piccola eroina del miglior cinema d’oltralpe.
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