Tutti pazzi per amore 3, recensione del terzo e quarto episodio

Tutti pazzi per amore 3, recensione del terzo e quarto episodio

Di emanuele.r

Attenzione, il seguente articolo contiene spoiler. Si consiglia la lettura solo a chi ha visto gli episodi o a vostro rischio. 

Prosegue ogni domenica su Rai 1 la terza stagione di Tutti pazzi per amore, la “scanzonata” commedia familiare di Ivan Cotroneo: dopo la première della scorsa settimana, e il discreto successo di pubblico, eccoci di nuovo a parlare di una delle rare serie italiane che vale la pena vedere. I due episodi della settimana ribadiscono però come, data la mancanza di molti personaggi, si cerchi di spostare parte dell’interesse su quelli rimasti soprattutto i ragazzi, con tutti i limiti del caso.

Il primo, Venerdì 9 dicembre, vede Paolo alla prese con una diagnosi terminale di leucemia che lo porta a esagerare tutti i suoi comportamenti per non lasciare nulla in sospeso prima della morte; ma in realtà la diagnosi è sbagliata e il dottore dovrà faticare non poco per dare la lieta notizia. Il secondo, Sabato 10 dicembre, segue le due coppie coppie Emanuele e Viola e Cristina e Raoul cercare casa, ma all’insaputa degli altri per andarci a vivere insieme, e non coi fratelli; nel frattempo Monica comincia a stare male per Gianpaolo, suo nuovo pediatra e promesso sposo della cugina Elisa. Al giornale però è in arrivo una tempesta: la decisione di lasciare il nuovo editoriale bianco (“Lo spazio dell’anima”), presa quando credeva che Paolo stesse per morire, è una palese stupidaggine: come rimediare, visto che il giornale è già in stampa? Episodi scritti da Monica Rametta e diretti come sempre da Laura Muscardin in cui si cerca di superare i problemi produttivi dovuti alla mancanza di personaggi importanti (come il dr.Freiss o quello di Alessio Boni), ma non sempre ci si riesce.

Il primo episodio è quello con la struttura più interessante: da un lato Paolo che prova a mettere ordine alla sua vita in modo goffo, sistemando tutta la casa, esagerando in sentimentalismo, affidando il vivaio ai suoi tre, sconsiderati dipendenti (un tempo pallanuotisti); dall’altro il dottore che nel cercare di dargli la buona notizia s’imbatte prima nelle zie, poi nei tre ragazzi al vivaio, poi nell’impossibilità di raggiungere un uomo che ha il cellulare spento. Gli spunti comici non mancano, ai quali aggiungiamo la parodia del melodramma alla Love Story (citato esplicitamente) con Paolo sul letto di morte: peccato che poi si cerchi di creare vero pathos e la cosa non può funzionare se lo spettatore sa già che la malattia non è vera. Il secondo ha un andamento più regolare, con le storie più o meno d’amore a susseguirsi, tutte centrate sul tema della visione allucinatoria, come in Ally McBeal: Maya, che vinta dall’astinenza sessuale, vede anche le sue colleghe come maschi (tanto che Rosa le regalerà un decalogo su come resistere alle tentazioni dell’eros), Monica che continua a fantasticare su Gianpaolo lungo il corso della storia e anche Nina, innamorata di un compagno emo. Interessante il risvolto della gravidanza di Cristina che decide di lasciare l’università e di mettersi a lavorare in un’agenzia di recupero crediti (da cui viene immediatamente licenziata), mentre è debole la storia di Stefania e Giulio alle prese coi lavori domestici.

La seconda puntata della stagione conferma i dubbi sulla tenitura dello script: al di là dei pretesti narrativi un po’ usurati (il dottore che sbaglia la diagnosi, il tiramolla con il marito di un’altra, ancora meglio se parente), gli autori pasticciano coi registri, non riuscendo a essere davvero comici – come nelle precedenti stagioni – o emozionanti fino in fondo. Per esempio funzionano bene i duetti tra Paolo e i tre ragazzi ai suoi ordini, e in redazione si respira spesso un’aria briosa, ma c’è anche una sensazione di poca passione, come se Cotroneo mentre si realizzava la serie fosse occupato più col suo esordio cinematografico La kryptonite nella borsa (ben riuscito, per altro):. battute come Altracaz detta da un’allupata Maya al posto di Alcatraz ne sono conferma. Anche i numeri musicali non sono all’altezza delle aspettative: Laura canta al marito “E dimmi che non vuoi morire” di Patty Pravo è poco appassionante, mentre simpatica è Nina alle prese “Alla mia età” di Rita Pavone. Però resta, in mancanza di una verve che speriamo aumenti nel corso delle settimane, un piacevole passatempo ben interpretato (nonostante la travolgente Piera degli Esposti sia messa da parte), dal ritmo rilassante e dal tocco simpatico. E voi che ne pensate? E secondo voi è il personaggio di Martina Stella a essere irritante o la sua recitazione? In attesa delle puntate di domenica prossima, continuate a seguirci sul nostro blog di Screenweek.

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