Ci siamo, cari lettori. Dopo un anno, chiudiamo questo primo ciclo di “Pezzi di cinema” dedicato ai classici del cinema popolare americano anni Ottanta. Ma non temete: partiremo subito la settimana prossima con una nuova fase, in cui tratteremo – con un po’ più di libertà anagrafica – i cult della fantascienza e del cinema horror. Ma prima, chiudiamo in bellezza con IL classico anni Ottanta, che ha ispirato un decennio di cinema per ragazzi e presto verrà omaggiato da J.J. Abrams con Super 8, di cui qui trovate il trailer.
E.T. – L’extraterrestre nasce inizialmente come progetto opposto a Incontri ravvicinati del terzo tipo: Steven Spielberg ne parla alla sceneggiatrice Melissa Mathison, e insieme delineano la trama di Night Skies, storia di una famiglia che viene assediata da un gruppo di alieni malvagi. Presto, i due creano una sottotrama che vedeva Buddy, l’unico alieno buono, fare amicizia con un bambino autistico e aiutare la famiglia a sconfiggere i suoi cattivi compari. La storia cambia tanto radicalmente da portare a un nuovo titolo, prima E.T. and Me e poi semplicemente E.T. La Columbia, che ha promesso i soldi ma si ritrova davanti un progetto totalmente diverso da quanto pattuito, si tira indietro e subentra la MCA.
Nasce così E.T. – L’extraterrestre, che incorpora anche elementi di un altro progetto di Spielberg mai realizzato: A Boy’s Life, storia autobiografica ispirata all’adolescenza del regista, che a 14 anni dovette affrontare il divorzio dei genitori. L’idea di fondere i due progetti venne a Spielberg ricordando che, da ragazzo, per superare il momento difficile aveva creato un amico invisibile, un alieno, appunto. Molti particolari vengono dritti dritti dall’esperienza personale del regista: ad esempio, il rapporto tra Elliott e la sua sorellina, o il modo in cui il ragazzo si finge malato scaldando il termometro nella lampada.
Per chiudere il quadro in bellezza, Spielberg assolda Carlo Rambaldi per disegnare la creatura, interpretata di volta in volta da due nani e da un ragazzino nato senza gambe. La cosa geniale di E.T. è che non si tratta di un esserino dolce e carino: ricordo che da piccolo mi terrorizzava la sua prima apparizione, e in generale non è tanto piacevole alla vista. È il suo carattere a renderlo un personaggio positivo: eppure, anche la Mars, Inc. si fermò alla superficie, visto che non concesse l’uso degli M&Ms nella famosa scena in cui Elliott attira E.T. fuori dal capanno. Tornano sempre a mente le parole del genio degli effetti visivi Ray Harryhausen, secondo cui un buon design si può individuare solamente paragonando la creatura a un leone, che può essere terrificante o benevolo a seconda del suo atteggiamento. E.T. è brutto, ma funziona proprio contestualizzandolo nel film.
Il secondo colpo di genio di Spielberg fu affidare le musiche al proprio collaboratore di fiducia John Williams, che se ne uscì con uno dei temi più famosi del suo repertorio. A seguire, per festeggiare il nuovo corso della nostra rubrica, ben due scene. Nella prima, Elliott sfreccia nel cielo con E.T. a bordo della sua bici, mentre Williams ci fa lacrimare con la sua grande colonna sonora. Nella seconda, i ragazzi fuggono dalle autorità, intenzionate a catturare E.T. Buona visione e… alla settimana prossima!