Megamind, la recensione in anteprima

Megamind, la recensione in anteprima

Di Gabriele Niola

Megamind 3D Poster ItaliaRegia: Tom McGrath
Cast: Will Ferrell, Brad Pitt, Tina Fey, Jonah Hill, David Cross
Anno: 2010

Se è vero come è vero che il processo di creazione di un lungometraggio d’animazione dura all’incirca 4 anni allora Megamind è stato concepito poco dopo l’uscita (e il successo di pubblico e critica) di Gli Incredibili. Difficile non pensare che un film sul mondo dei supereroi realizzato con un approccio così adulto, così concreto e così poco superomistico, in fondo non sia figlio di quella straordinaria produzione.

Megamind però è anche sicuramente il cartone Dreamworks più bello di sempre, e non certo per merito del tema. Se infatti il regista è la stessa persona al timone della serie Madagascar (in produzione nei medesimi anni, ci si chiede come abbia fatto a seguire entrambi…) è anche vero che tra gli scrittori figurano collaboratori dei fratelli Coen e nella categoria “consulenti e produttori esecutivi” nomi come Ben Stiller, Justin Theroux e Guillermo Del Toro. Nessuna prova schiacciante ma qualche possibile spiegazione su un simile innalzamento di qualità.

Megamind prende la storia di Superman (di Richard Donner) e la sovverte, una dinamica tipicamente Dreamworks: citazionismo spinto finalizzato a ribaltare le previsioni degli spettatori (ma c’è davvero ancora qualcuno che si aspetta che il buono sia il personaggio positivo??). Megamind, il cattivo, in realtà è tale solo a causa del contesto in cui è cresciuto e la storia del film, la sua ricerca di una controparte che ne giustifichi l’esistenza, causerà la conversione al bene. E qui sta la componente più convincente del film, nel fatto cioè che Megamind vince a modo suo, senza stravolgere le logiche Dreamworks, dimostrando che non è quel che fai ma come lo fai a fare la differenza.

L’unica particolarità del film è come esso compia il suo percorso narrativo due volte. C’è una prima storia, molto canonica, che presenta i personaggi e si chiude in 30 minuti con il rapimento della bella e lo scontro con l’eroe, e poi una seconda storia, quella più pregnante e decisiva, che occupa il resto del film.
Fatta salva questa variazione siamo nel campo della prevedibilità e proprio in questo modo si dimostra che può esistere un buon cinema Dreamworks, capace di sorprendere sul serio e regalare momenti di forte autenticità, senza negare la propria natura.
Come già visto in Rapunzel (e prima in Toy Story 3) c’è un’evoluzione netta nel modo in cui viene gestita l’espressività dei volti. Così anche in Megamind i personaggi “recitano” meglio ma non solo, la solita storia è raccontata con un’abilità nel distendere e snodare gli eventi che riesce nel miracolo. Convincerci nuovamente che quel modo abusato di narrare una storia e disseminare colpi di scena non è ormai così trito da risultare prevedibile, ben dosato può ancora funzionare.

La Dreamworks ha finalmente trovato il modo di raccontare le sue storie in maniera efficace? Che sia davvero un momento di svolta? Qui le altre critiche

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