La Passione, la recensione da Venezia67

Pubblicato il 05 settembre 2010 di Gabriele Niola

Regia: Carlo Mazzacurati
Cast: Silvio Orlando, Cristiana Capotondi, Kasia Smutniak, Giuseppe Battiston, Stefania Sandrelli, Corrado Guzzanti
Durata: 106 minuti
Anno: 2010

Con qualche sceneggiatore in prestito dalla fucina Fandango (che infatti produce) e qualcuno dal team di Silvio Soldini, Carlo Mazzacurati mette in piedi il suo script più vivace, divertente e autenticamente malinconico. In più questa volta la scelta che spesso appare scontata di avere Silvio Orlando come protagonista è davvero un’idea di casting azzeccata e giusta.

Sebbene si racconti ancora di un regista in crisi, questa volta l’idea di narrare con umorismo contagioso e intelligente la discesa all’inferno di un uomo una volta di successo che, confinato in provincia, si trova costretto a dirigere la rappresentazione della passione di Cristo per la processione del Venerdì santo, trova un piega particolarmente audace.
Questo perchè il regista interpretato da Orlando finisce davvero in un incubo personale nel quale da una parte cerca di evitare di finire in galera (è per questo che dovrà dirigere la processione) e dall’altra di salvare la sua carriera (contemporaneamente dovrebbe essere a Roma a stringere un contratto importante per il suo primo film dopo 5 anni di silenzio), finendo unicamente per essere sempre più disilluso e disperato.

La cosa migliore è che la provincia non sembra per nulla quell’alveo salvifico che spesso si mostra sullo schermo, anzi è il gorgo malefico che imprigiona, nel quale non prendono i telefoni cellulari, tutti sono meschini e piccoli e un regista di successo è costretto ad inchinarsi letteralmente di fronte all’arrogante star della tv regionale (un magnifico Guzzanti, ma perchè non fa mai il caratterista??).
Peccato davvero che il film perda tutto (ma proprio tutto!) nel finale, chiudendo nel peggiore dei modi (sia contenutistico che formale) quello che poteva essere un film interessante davvero e riportando lo spettatore, a quel punto speranzoso, alla dura realtà.

Quante occasioni buttiamo? E’ questo il finale migliore per un film del genere? Era opportuno qualcosa di diverso? Qui le altre critiche

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