La principessa e il ranocchio, la recensione in anteprima

Pubblicato il 10 dicembre 2009 di Gabriele Niola

La Principessa e il Ranocchio Poster ItaliaRegia: Ron Clements, John Musker
Cast: John Goodman, Keith David, Jenifer Lewis, Anika Noni Rose, Jim Cummings, Bruno Campos, Oprah Winfrey, Jennifer Cody, Michael Leon Wooley, Terrence Howard, Peter Bartlett, Elizabeth M. Dampier, Breanna Brooks
Durata: 97 minuti
Anno: 2009

Tentare di paragonare questo film ai vecchi Disney sarebbe ingiusto e sbagliato, come si può fare un paragone tra qualcosa di moderno e un pezzo di infanzia? La principessa e il ranocchio semmai si può paragonare alle opere degli anni ’90 e rispetto ad esse, alle migliori tra quelle come Aladdin, La Sirenetta, La Bella e La Bestia o Il Re Leone, regge il confronto.

Se manca del tutto il carisma dei personaggi (specie al cattivo che storicamente deve essere il più interessante), manca una visione univoca (è un road movie ma non si punta su quello, è un film musicale come Gli Aristogatti o Il Libro della Giungla ma nemmeno quello è un elemento su cui puntare) e manca l’ironia raffinata di certe opere il nuovo Disney di sicuro ha un gran ritmo e una godibilità immediata forte. Diverte, non impegna e rassicura pescando dal calderone di morali che la Disney fa ruotare nelle sue opere (stavolta tocca a “i soldi non fanno la felicità, almeno se non si accompagnano all’amore”).

La cosa più importante che La principessa e il ranocchio ci dice però è che la Pixar vuole stare per conto proprio e la Disney fa e farà cose diverse che non prende minimamente in considerazione il pubblico adulto. E anche a livello tecnico il film manca di tutte quelle contaminazioni con la CG che avevano regnato negli anni ’90, nè ha il design grafico o le velleità di somigliare al cinema dal vero che si respiravano ad un certo punto. Siamo più dalle parti della pastosità dei cartoni anni ’50. Scelta ragionevole che giova alla pellicola.

Le uniche differenze rispetto al passato sono per appassionati e cultori della materia, non certo per il target prediletto del film. C’è un modo di concepire la “narrazione” internamente alla trama come unico vero veicolo di conoscenza e verità che è una costante pixariana (tutti i personaggi imparano quello che sanno leggendo o sentendo racconti) come anche il tema di dover tornare in un certo luogo, nonchè un modo di giocare con le consuetudini favolistiche (continuamente nel film c’è il wish upon a star, cioè l’esprimere un desiderio guardando una stella) lontano dalle parodie della CG e vicino al divertimento narrativo. Nel primo caso si mettono in mostra gli stereotipi per canzonarli, nel secondo li si utilizza fingendo di metterli in discussione solo per ribadirli una volta di più. Come fanno le favole vere.

E’ un vero film Disney o prosegue nella deriva che la casa di Topolino aveva preso a cavallo del millennio? Qui le altre critiche

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