Regia: Valerio Mieli
Cast: Michele Riondino, Isabella Ragonese, Sergei Zhigunov, Francesca Cuttica, Vinicio Capossela, Glen Blackhall, Sergei Nikonenko
Durata: 99 minuti
Anno: 2009
Si invecchia già tra i 19 e i 29 anni e Dieci Inverni di questo parla, del trovarsi a fare il primo dei molti bilanci di una vita. Si tratta di un lavoro molto acerbo, diretto dall’esordiente Valerio Mieli, prodotto dal Centro sperimentale di cinematografia da cui è appena uscito, appoggiato dallo stato e coprodotto da fondi russi. Ci sono diverse competenze alle prime armi ma per fortuna c’è anche Federica Pontremoli, sceneggiatrice che nelle ultime due stagioni si è rivelata deus ex machina del cinema più sinceramente sentimentale che abbiamo prodotto.
La storia è sempre la stessa: boy meets girl, ma narrata con qualche semplicismo, alcune ingenuità da cinema giovanilista e con un espediente narrativo che aiuta i realizzatori a non battere le solite strade. Silvestro e Camilla si conoscono casualmente nel 1999, quando hanno circa 19 anni e si trasferiscono dalle parti di Venezia per studiare, da lì comincia il racconto dei dieci anni successivi fatto saltando di inverno in inverno. Un mese del 2000, un altro del 2001 e via dicendo, dieci “quadri” come dice il regista nella cartella stampa (forse pensando ai quadri godardiani di Questa è la mia vita…) che con qualche sapiente forzatura al realismo vedono i due reincontrarsi e mancare un’altra volta l’appuntamento con il possibile amore.
La fotografia di Marco Onorato ricorda quella (mostruosa) di Il piacere e l’amore per come utilizza gli elementi atmosferici come parte dell’empatia del racconto (e lo si vede già dalla locandina), mentre il ricorso ad una precisione maniacale nel ricostruire le mode, gli abiti e gli usi dei diversi anni dà al tutto una patina di altrimenti impossibile realismo.
Ma sono loro due, Silvestro e Camilla (interpretati con calzante realismo da Michele Riondino e Isabella Ragonese due tra i tre migliori attori del panorama giovane), ad essere due veri personaggi di finzione in grado di essere eccezionali pedine melodrammatiche di un racconto di passioni coinvolgente proprio in virtù delle sue coincidenze folli.
Il continuo ritrovarsi anno dopo anno dei due è quasi sempre casuale e quasi sempre significativo, le loro vite procedono ma il rapporto tra i due sembra sempre fermo. Valerio Mieli sottolinea questo con un uso espressivo di oggetti, vestiti e luoghi per ancorare in ogni momento la storia a qualcosa e creare un passato che, arrivati a fine film nel 2009, sembra essere tale anche per lo spettatore.
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