Antichrist, la recensione

Pubblicato il 26 maggio 2009 di Gabriele Niola

Anticristo Poster ItaliaRegia: Lars Von Trier
Cast: Willem Dafoe, Charlotte Gainsbourg
Durata: 100 minuti
Anno: 2009

Ah che bello von Trier quando guarda a Sokurov che guarda a Tarkovsky! Lo dico seriamente. Antichrist è un film di quelli più espressionisti del regista danese, non somiglia a quelli “dogma” o finti “dogma” o para “dogma”. E’ insomma più vicino ai suoi primi come L’elemento del crimine o Europa e meno ai moderni Dogville o anche Dancer In The Dark. E’ un film cioè in cui non conta tantissimo quello che succede ma come questo ci venga mostrato.

In un bosco che, per come è ripreso e per la funzione che ha, ricorda quello di Madre e Figlio di Sokurov e alcune volte la zona di Stalker, un uomo e una donna vanno per curare lei dalle paranoie causate dal senso di colpa per la morte del loro unico figlio. Lì arrivano ai ferri corti fomentati dal luogo in cui si trovano.
Di film in cui è la particolare natura dell’ambiente in cui i protagonisti sono inseriti a determinare le loro azioni e i loro cambi d’umore la storia del cinema è piena (dai più austeri come Viaggio In Italia ai più fiammeggianti come Narciso Nero), dunque non è tanto quello che stupisce in Antichrist quanto il ritorno di von Trier ad un cinema che si disinteressi della trama per dedicarsi alle immagini.

Che ci sia un figlio morto sulle spalle, che il marito sia psicologo e tutti gli altri elementi della storia importano poco, sono tutti mcGuffin per poter parlare delle ossessioni di von Trier per il ruolo che la donna può assumere (nei suoi film quasi sempre vittima ora carnefice) nel momento in cui una colpa incipiente assale la coppia (sono entrambi responsabili ma solo la donna accetta il fardello che la fa delirare).

Si può odiare von Trier, non lo metto in dubbio pur non condividendo, ma non si può negare che al di là delle molte furbizie e provocazioni ad hoc di cui il film è pieno (sesso esplicito e violenza genitale in primis) esiste anche un impianto immaginifico fortissimo. Parlo di vere idee estetiche che ci parlano sia al cervello che agli occhi, parlo delle ghiande che cadono sul tetto contrappuntando la storia di continuo, parlo della pluricitata scena dell’amplesso con i cadaveri (ripetuta anche nel finale), dei rallentatori (spesso molto brutti ma comunque efficaci) , delle lenti deformanti per “guardare” la foresta e vi dicendo.

Chiusi nella loro casetta i due protagonisti conoscono solo violenza e sesso (che poi non sono molto diversi e sembrano avere la stessa funzione), incontrano animali dal forte valore simbolico (che idea il daino eternamente partorente!) ed essi stessi si danno la caccia da bestie (fino a rintanarsi nel vero senso della parola). Antichrist non sarà il miglior film di Lars von Trier nè è valevole una Palma D’Oro, tuttavia ci mostra qualcosa che raramente vediamo al cinema.

Lars von Trier genio o grande bluff? La critica si spacca sul regista danese, c’è chi lo definisce immenso autore contemporaneo e chi lo trova solo un abile mistificatore? Tu dove stai? Qui le opinioni della critica

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