The International, la recensione in anteprima

Pubblicato il 19 marzo 2009 di Gabriele Niola

The International Poster ItaliaRegia: Tom Tykwer
Cast: Clive Owen, Naomi Watts, Jack McGee, Luca Barbareschi, Luca Calvani, Ulrich Thomsen
Durata: 120 minuti
Anno: 2009

L’inventiva e le idee di Tom Tykwer sono qualcosa che dal cinema d’azione stavamo cominciando a dimenticare. Pochi oggi sono capaci di portare tanta raffinatezza, divertimento e sottile strategia cinematografica in un film thriller come il regista tedesco fa nel suo The International.

Su una trama di intrighi spionistici e politici si innerva il racconto di due agenti dell’Interpol alla caccia dei segreti di una grossa banca internazionale, un vero impero del male. Ma più che il racconto degli intrighi, delle colpe e delle responsabilità nei conflitti internazionali e nelle transazioni economiche a Tykwer interessa l’azione e il gesto cinematografico. Il regista sembra essere consapevole dell’assuefazione dello spettatore moderno a certi meccanismi e certi modi di indurre la tensione e batte sistematicamente strade inedite. Spesso con sorprendente efficacia.

Il film parte subito con una dichiarazione di stile formidabile. La sequenza di apertura sembra quasi quella di un film di Bond per come getta i protagonisti nel vortice della violenza e dell’azione rifiutando la blanda esaltazione eroistica e pridiligendo una dimensione vorticosa del raccontare, un’esplosione drammatica e antieroica di primo livello. Raffinata e originale.

La caratteristica che più stupisce è come si faccia un uso coinvolgente e funzionale degli spazi. Con i totali, i dolly e i carrelli Tykwer illustra la sua suspense e la sua azione, rifiutando sempre i canoni del genere. C’è un inseguimento a piedi fatto molto lentamente, camminando, che è straordinario e anche la più ordinaria sequenza di sparatoria nel Guggenheim Museum è un gioiello di inventiva e continue sorprese.
In questo senso anche Clive Owen è utilizzato al meglio, ormai simbolo di un eroismo che ha ben poco di eroico e molto di casuale, dà corpo ad un personaggio a metà tra il continuamente stupito di ciò che accada e il preparato ad affrontare gli eventi.

Nelle sequenze di azione di Tykwer non accade mai ciò che il tuo istinto ti suggerisce stia per accadere, ma cose migliori, nuove e inaspettate, che supportate da un montaggio rigoroso e perfetto al millesimo di secondo, nonostante la rapidità risultano sempre comprensibili.
Con un occhio a Paul Greengrass (per la modernità delle riprese) e uno a Friedkin (per la fredda asciuttezza dello stile) The International si lascia apprezzare decisamente più dalla bocca dello stomaco che dalla testa.
Farraginoso nella trama e un po’ inconcludente il film è come il suo finale: conta più il gesto delle parole.

Già Lola Corre, il suo lungometraggio d’esordio che per anni è rimasto un cult, sembrava un pretesto per mostrare azione e gesti filmici, ora The International ne è l’evoluzione teorica, mainstream e in pompa magna.

Tykwer non dovrebbe dirigere un film di Bond? Non è questa un nuovo modo di fare cinema d’azione che dovrebbe diventare la regola? O solo l’ennesima eccezione? Vedi cosa ne pensano gli altri qui.

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