Regia: Marco Risi
Cast: Ivano Marescotti, Valentina Lodovini, Libero De Rienzo, Gianfelice Imparato, Ennio Fantastichini, Daniele Pecci, Salvatore Cantalupo, Ernesto Mahieux, Michele Riondino
Durata: 108 minuti
Anno: 2009
Dopo alcune parentesi tristi sulle quali è meglio sorvolare Marco Risi torna a fare quel cinema per il quale si era fatto notare agli inizi della sua carriera: impegno sociale misto a tecnica cinematografica.
Fortapàsc è davvero pieno di belle idee, guarda tanto a Scorsese per il modo in cui riprende i criminali, per l’uso della musica e per i vorticosi movimenti di macchina che fanno iniziare le scene, ma sa anche trovare moltissime soluzioni personali e particolari mai fini a se stesse.
Belle l’idea dello schiaffo che viene dal nulla per dare l’idea della minaccia invisibile e della solitudine di Siani. Bella l’idea del dialogo con nessuno ad un certo punto e anche l’alternarsi di alto e basso sia a Napoli che a Torre Annunziata. Si tratta solo di alcuni esempi di un cinema che cerca di battere nuove strade per raccontare la solita storia eterna di un uomo che si batte contro la mafia.
Le similitudini che si possono intravedere con Gomorra poi non sono mai imitazione, semmai frutto del fatto che il direttore della fotografia è il medesimo (Marco Onorato). E questo è un altro pregio. Risi non cerca di copiare quello che potrebbe sembrare come il punto di riferimento del genere ma percorre le strade che sa di saper battere in autonomia.
Non scade nemmeno nell’agiografia, cosa inusuale in un film che ricostruisce la vita di un martire della lotta alla Camorra. Il suo Giancarlo Siani non sembra la classica figura realmente esistita ma un vero personaggio da film.
Peccato che però a fronte di tante cose buone poi l’impressione generale sia molto scollata, come se le singole istanze non riuscissero a diventare parte di un tutto armonioso. La storia d’amore su cui molto si insiste non convince mai, il sentimentalismo del rapporto con l’amico drogato nemmeno e così rimane solo la paura crescente nel finale per la morte imminente (annunciata subito ad inizio film).
Sono probabilmente i personaggi a non convincere molto, a non coinvolgere proprio. A fronte di un racconto impeccabile e di tanta buona volontà poi però le figure agite nelle scene sembrano impalpabili. A poco serve l’impegno di Libero De Rienzo (cento volte migliore come attore che come autore) e l’impiego di straordinari caratteristi come Ernesto Mahieux o delle facce da Camorra chiamate a fare i mafiosi.
Dopo Gomorra il cinema che parla di mafia o camorra può rimanere lo stesso? Il film di Garrone è un caso isolato o l’inizio di un trend stilistico? Qui gli altri pareri e (magari) anche il tuo