Regia: Thomas McCarthy
Cast: Richard Jenkins, Haaz Sleiman, Danai Jekesai Gurira
Durata: 104 minuti
Anno: 2008
Continua e anzi cresce l’amore che il cinema hollywoodiano prova per le opere indipendenti, piccole e all’europea quei film cioè dove l’attenzione non è tanto rivolta all’azione quanto ai personaggi e alle relazioni che intrattengono.
Dal Sundance Film Festival stanno sconfinando anche in altre aree del sistema-cinema statunitense pellicole “piccole” nel senso di brevi e che mettono in scena storie particolari e non particolarmente emblematiche con l’obiettivo di svelare sentimenti senza bisogno di intrecci forti.
L’Ospite Inatteso in particolar modo mette in relazione un professore universitario dalla vita monotona e grigia con la vitalità europea di due immigrati clandestini che per una storia di truffe si trovano ad abitare la casa che il professore non usa più ma che non ha effettivamente mai affittato. Tra i tre scatta un’amicizia dalla quale ovviamente sarà il professore grigio ad imparare più di tutti.
Più che in altri film quest’opera di Tom McCarthy si basa tutta sull’attore protagonista. A lui, alle sue espressioni, i suoi piccoli gesti e la sua capacità di comunicare con molto poco è spesso lasciata la soluzione delle scene, cioè il compito di comunicare.
McCarthy dunque non usa molto la sceneggiatura come non usa molto l’illuminazione o la colonna sonora. Usa invece Richard Jenkins (attore solitamente non protagonista che si è fatto notare in un’infintà di pellicole non ultima Burn After Reading) che, nonostante non sia il protagonista assoluto, riassume in sè tutto il significato di un’opera che non può dirsi pienamente completa anche se indubbiamente sa come conquistare lo spettatore.
Si perchè cambiano i paradigmi, cambiano i budget e i modelli i riferimento ma il cinema americano non dimentica la sua vocazione industriale e anche in questa nuova veste indipendente (o finta tale) agisce secondo strutture fisse e maschere tipiche.