Regia: Saul Dibb
Cast: Keira Knightley, Ralph Fiennes, Charlotte Rampling, Simon McBurney, Dominic Cooper, Hayley Atwell
Durata: 110 minuti
Anno: 2008
Già passato sottotono allo scorso Festival Del Film di Roma La Duchessa sembra appartenere alla categoria “film parrucconi”, ovvero drammi intimisti in costume, molto lunghi e molto noiosi e invece è una piacevole sorpresa.
Non c’è solo grande fotografia, grandi ambienti, grandi ricostruzioni e grandi sentimenti in ballo, ma anche una vera (grande) visione della vita, il senso stesso del raccontare cioè mettere alla portata dello spettatore scenari in cui apparentemente non può immedesimarsi. La Duchessa infatti non racconta di un’altra epoca, un’altra nobiltà e un’altra agiatezza per dimostrare che hanno gli stessi problemi degli uomini in sala ma lo fa per mostrare davvero qualcosa di sconosciuto e mostrarlo bene, in maniera emotiva.
Saul Dibb dirige davvero molto bene gli attori, si tiene su toni sobri, non cerca di stupire e rimane concentrato sulla storia. Certo il film in italiano potevano anche titolarlo “I figli so’ piezz’e core” oppure “Se mi lasci mi prendo i bambini” tanto è incentrato sulle prole come elemento di snodo drammaturigco. Racconta infatti la classicissima storia di una donna che in tempi di restrizioni, regole e repressione era molto più moderna del suo tempo in fatto di mentalità, cosa che le costerà cara. Ma, e credo sia la prima volta che lo scrivo, La Duchessa vanta due vere prestazioni da grandi attori che lo sorreggono.
Che Keira Knightely reciti è una vera sorpresa che potrebbe lanciare la carriera di Saul Dibb come regista o come ammaestratore, mentre che Ralph Fiennes faccia una grande prestazione è più ordinario. Quello che è poco ordinario invece è che gli venga anche affidato un bellissimo personaggio, esaltato dal fatto di stare in seconda linea (lui è il duca e come è facile capire la vera protagonista è la duchessa) e portato davvero magnificamente su schermo.
Un uomo algido, spietato, british e profondamente umano che calamita l’attenzione ogni volta che è in scena e, nonostante tutte le angherie di cui si macchia, suscita più empatia della più tipica consorte.