Torino Film Festival: The Sun Street Boys e The Escapist

Torino Film Festival: The Sun Street Boys e The Escapist

Di Marco Triolo

The Escapist Immagine del film

Il Regno Unito negli ultimi anni ha dimostrato una grande capacità di rinnovare i generi, infiltrando schegge di sensibilità british in strutture di derivazione americana (si pensi a 28 giorni dopo). Ieri, al Festival di Torino, i sudditi della regina hanno dimostrato ancora una volta la loro abilità con The Escapist. Diretto da Rupert Wyatt, e costato “solo” 3 milioni di euro, il film è stato presentato fuori concorso e sarà distribuito anche in Italia con il titolo Prison Escape, probabilmente per accalappiare i fan di Prison Break.

La pellicola si ascrive ovviamente al filone carcerario, ma, per stessa ammissione del regista, più che ai modelli americani si rifà al polar francese, ed in particolare a Jean-Pierre Melville (oggetto tra l’altro di una retrospettiva). Il protagonista è l’ergastolano Frank Perry, che “parla poco e agisce molto, proprio come l’Alain Delon di Frank Costello faccia d’angelo“, conferma Wyatt. Il budget limitato ha, come nei migliori casi, spinto regista e troupe a cercare soluzioni economiche ed intelligenti ai problemi. Certo, girare in un carcere aiuta, ma i cunicoli sotterranei da cui i nostri evadono erano, sempre secondo il regista, “impossibili da ricostruire in studio per limiti di budget, così li ho cercati a lungo dal vero, ottenendo i permessi per filmare un’inedita Londra sotterranea”.

Il cast è composto da grossi nomi, tra cui Brian Cox e Joseph Fiennes.

E’ ambientato, invece, a Budapest, durante la rivoluzione ungherese del ’56, The Sun Street Boys di György Szomjas, che racconta “All’epoca avevo sedici anni e ho vissuto due grandi esperienze: la Rivoluzione a Budapest, ed il rock’n’roll”. Il film accosta proprio questi due temi: da un lato, i carri armati sovietici che invadono il paese, dall’altro gli espedienti per ascoltare i dischi di Elvis (proibiti dal regime).

Protagonisti sono un gruppo di ragazzi che combattono per la libertà e si riuniscono in un cinema (dove guardano film con la Mangano, la Magnani e la Lollobrigida). Personaggi inventati, ma plausibili, in una pellicola in cui il colore si alterna al bianco e nero – spesso presenti anche nella stessa inquadratura. Szomjas spiega di aver voluto “mimetizzare il nuovo girato con i cinegiornali d’epoca, e per farlo abbiamo dovuto abbassare la qualità delle nostre immagini”.

(Fonte: Cineuropa)

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